Adorno, elementi di antisemitismo

Elementi dell’antisemitismo è il titolo della sezione settima di Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer e Adorno. Il sottotitolo è: “Limiti dell’illuminismo”. La sezione è divisa in sette paragrafi numerati.
Tale sezione costituisce un punto fondamentale della Dialettica dell’Illuminismo. E, indirettamente, ha lo scopo di contribuire alla creazione di una tipologia. L’antisemitismo è in essa analizzato nell’ambito del nazismo.
Questa tipologia è ciò che si potrebbe definire come la tipologia dell’anti-antisemita: colui che, per disposizione naturale, si oppone naturalmente all’antisemitismo. Ma proprio questo tipo ha una sua fondazione. Che anche in un autore come Adorno presenta una impronta grossolana e truffaldina.
Ma il nazismo è proprio ciò che adesso deve essere ripensato. Dire che il nazismo è ciò che adesso deve essere ripensato è dire che il nazismo è ciò che adesso deve essere proprio pensato.
La definizione del nazismo come “politica da birreria” contribuisce a creare quell’equivoco di personaggio, rappresentazione, modernità che l’atto di pensare, adesso, dovrebbe fare a meno di considerare.

Tanto il liberalismo quanto il nazismo proiettano nell’ebreo il lato oscuro delle rispettive forme sociali (p. 188); il liberale vede nell’ebreo il fondo di rapina su cui si basa il capitale; il nazista l’aspetto violento e barbarico. L’ebreo diventa così il ladro (tesi liberale) e il barbaro primitivo (tesi nazista).
Il cristianesimo si sviluppa dall’ebraismo, spiritualizzando il dio dèmone ancora evidente nel vecchio testamento. A poco a poco, tale religione nega se stessa come religione [tesi della teologia negativa, a p. 193 si cita Barth dopo Pascal, Lessing e Kierkegaard], poiché elimina l’aspetto naturale, di cui il dio ebraico era ancora portatore. Il cristiano è adesso colui che realizza la religione del Figlio, ma vede in quella del Padre un pericolo e insieme una nostalgia: il pericolo rappresentato dalla natura da cui egli si è staccato [notare il meccanismo di “dialettica dell’illuminismo”]. Essendo la religione del Padre l’ebraismo, si ha in questo meccanismo l’origine dell’antisemitismo (paragrafo IV).
L’antisemitismo fa appello alla idiosincrasia. In apertura del paragrafo V si cita dal Siegfried: «“Non ti posso soffrire – Non scordartene così facilmente”, dice Sigfrido a Mime, che aspira al suo amore.» (p. 194) [Si vuole suggerire che l’antisemita cerchi l’amore degli ebrei?]. [Bisogna comprendere come i detrattori dell’antisemitismo costruiscano la loro logica. È possibile ottenere un sistema di tutte queste logiche, aberranti e possibili? Che cosa rivelerebbe una psicoanalisi di colui che si oppone all’antisemitismo? È possibile una psicoanalisi di questo genere? Notare come Dialettica dell’illuminismo tenda a sfociare insensibilmente nella psicoanalisi; più precisamente nella psicoanalisi dell’antisemita. È possibile un movimento opposto?] Nella idiosincrasia i singoli organi tornano a sottrarsi al controllo del soggetto (p. 194) [In Odisseo si era visto questo controllo come ancora in formazione.]. A p. 195 la separazione dalla natura è rintracciata in un insieme che comporta attori, zingari, divieto religioso delle immagini, pedagogia che insegna ai bambini a non essere puerili. Ma l’identità si instaura solo attraverso il terrore (p. 195). [La rappresentazione che gli Autori fanno del nazismo è la stessa che essi denunciano nel cinema: stereotipi, formule idiote, ripetizioni ebeti, catatonia.] Nella profanazione dei cimiteri risiede l’antisemitismo in quanto voglia di scacciare, di impedire una sosta a colui che deve solo migrare (pp. 197-8). [Notare questo: Gli antisemiti hanno una specie di coazione a ripetere:] «Essi non possono soffrire l’ebreo, e lo imitano continuamente.» (p. 198): Hitler gesticola come un clown, Mussolini azzarda toni in falsetto come un tenore di provincia, Goebbels parla velocemente come un agente di commercio ebreo (p. 199). Le fantasie razziste dei delitti attribuiti agli Ebrei definiscono esattamente il sogno degli antisemiti (p. 200). «La civiltà è la vittoria della società sulla natura che trasforma tutto in nuova natura.» (p. 200). [Questo è una specie di motto della Dialettica dell’illuminismo.]
Nella percezione non alterata dall’antisemitismo, il soggetto riflette l’oggetto esterno, lo ha nella propria coscienza ma sa di avere a che fare con qualcosa di esterno. L’antisemitismo interrompe questa riflessione: l’oggetto non è più riconosciuto come tale e il soggetto cessa di riflettere su di sé, perdendo così la capacità della differenza (p. 204). [Notare: tutte le argomentazioni sembrano raccogliersi in questa sezione, che ha la funzione di delineare una psicoanalisi – quasi lacaniana, basata sul rapporto soggetto-oggetto – dell’antisemita. I “frammenti filosofici” rivelano così la loro vera natura: appunti parziali per il ritratto complessivo di un demone. L’antisemita è l’unico vero demone che questa epoca laica e democratica possa dipingere sul muro.] Questo meccanismo comporta la fissità paranoica, con sfumature omosessuali, che caratterizza l’antisemita. Il paranoico realizza oggi quello che nel Medioevo era riservato alla mitologia del diavolo (p. 211).
Il paragrafo VII spiega come l’antisemitismo bonario del liberalismo sia sfociato nell’antisemitismo in grado di uccidere. «Nella politica da birreria degli antisemiti si rivelava la falsità del liberalismo tedesco, di cui essa viveva e che finì poi per uccidere.» (p. 215). [Nel Mein Kampf il  ruolo della Hofbräuhaus è ben diverso da quello ricordato qui: «All’epoca, il salone della Hofbräuhaus, a Monaco, per noi nazional-socialisti acquisì un’importanza quasi mistica», si legge nel Mein Kampf a proposito del primo grande raduno del 24 febbraio 1920.] La complessa economia moderna nega l’individuo; realizzando così la dialettica dell’illuminismo. «La dialettica dell’illuminismo si rovescia oggettivamente in follia.» (p. 219). Il mondo si avvia verso la globalizzazione. In questo clima di annullamento dell’individuo, prende il via lo sterminio degli Ebrei (p. 221).

M. Horkheimer, Th.W. Adorno, Dialettica dell’Illuminismo, Einaudi, Torino 1997.
Il Mein Kampf di Adolf Hitler, a cura di Giorgio Galli, Kaos edizioni, Milano 2006, p. 369.

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