La musica è un sistema di equilibrio tra costrizione del ritmo e liberazione dal ritmo, così come l’Artista è colui che deve bilanciare opera e mancanza di opera.
Questo rimanda alla differenza tra ambiente e mondo. Ma “liberazione dal ritmo” non implica mancanza di regolarità. Le musiche primitive del meticcio Šostakovič e del meticcio Rossini hanno la loro spiegazione a partire dagli animali, cioè in una regolarità che si limita a seguire un ritmo percussivo (per cui, più che di musiche, sarebbe il caso di parlare di ricorrenze ritmiche). Questo è il modo di comprendere la musica da parte dei meticci (si tratti di meticci russi o di meticci italiani). Questo perché un meticcio è qualcosa che ha la sua spiegazione nell’animale anziché nell’essere umano. La musica nasconde in sé la filosofia. Oppure la filosofia è ciò che in essa deve essere infine tratta fuori, vale a dire recuperata. Almeno in un primo tempo.
I grandi compositori tedeschi dovranno sempre combattere contro l’influsso del meticciato italiano nella musica. La musica sarà qualcosa da depurare da un influsso negativo. Pensate a quello che diceva Gobineau sull’origine della musica.
Il ritmo nella sua ciclicità di arsi alla quale succede la tesi che riporta alla arsi è un sistema che rappresenta il tentativo di mantenere una permanenza nel mondo della caducità.
Lei porta ad esempio due compositori “ritmici” che definisce meticci ma non mi pare che Bach o Beethoven fossero dei meticci né lo era Chopin che oltre alla facilità della bella melodia aveva un senso del ritmo in perfetto equilibrio fra istintività e complicazione intellettuale.
La musica è tante cose e quella occidentale si distingue per la complessità del suo “discorso” che però l’ha portata alla “degenerazione” (per usare un suo termine) della prevalenza della musica scritta su quella improvvisata (ossia più legata a una tradizione orale che è l’unica veramente condivisa e compresa da un popolo dotato di autentico senso di appartenenza).
Credo che sia un tema molto più fecondo da approfondire che può interessare chi sostiene le sue tesi.
Prima di tutto, io non sostengo tesi. Tantomeno si possono riconoscere persone che sostengano le “mie tesi”. Non mi sono mai riferito a una opposizione tra musica orale e musica scritta, quanto a tradizione orale e scrittura. La prima ha la sua origine nel sostantivo islandese “saga” (storia), collegato al verbo islandese “segja” (dire), che richiama la trasmissione orale, da qui l’importanza delle “ĺslendinga sögur”, che costituiscono la storia degli Islandesi nel dire della razza. Non ho definito Bach e Beethoven dei meticci. Semmai ho riservato il termine a Rossini. Nell’“Estetica” di Hegel si trova l’espressione (secondo me) più confacente per quel fastidiosissimo tipo di musica: «Puro solletico per l’orecchio». Appunto: solletico, pura azione ritmica, fastidio di un tic nervoso che si appiccica e non se ne va. A livello semplice la musica è asservimento al ritmo; a livello complesso è liberazione dal ritmo. Mahler diceva che l’essenziale di una musica non consiste in quello che si trova nelle note. Il piccolo “Trattato di armonia” di Pound gira intorno alla stessa questione. Ma Pound è molto complesso. La sua ammirazione per il Rinascimento la dice lunga. Se l’orecchio è ciò che la musica colpisce subito, bisogna sempre pensare che l’orecchio non è fatto per ascoltare, così come l’occhio non è fatto per vedere. Nel post insistevo poi sulla tendenza della musica sinfonica (a partire dalle sinfonie di Beethoven) a imitare qualcosa d’altro, cioè di ricorrere a qualcosa di extra-musicale. Tendenza che non si ritrova nella musica da camera. Prima di Beethoven la musica non aveva mai imitato. Era rimasta chiusa nelle sue leggi.
La questione è: da dove viene la musica di Gilels? Dallo stesso paese che ha portato la musica di Šostakovič. Pensare la degenerazione è un modo per pensare per razze. Attualmente non c’è altro che degenerazione. Pensare per razze è un modo per selezionare – non le razze (purtroppo, non ancora), ma il modo di fare. Questo è stato quello che finora non è stato mai fatto. Ma è la possibilità sempre aperta, aperta proprio dalla chiusura dell’ideologia ufficiale. Parlare di meticci o di degenerati è comunque un modo per invocare il disprezzo come strumento di conoscenza, cosa che ormai non si fa più. Musil ha sfiorato l’argomento in un modo molto semplice: il senso della possibilità. Ma vale poi sempre quello che Heidegger (stando a Safranski) ha detto, una volta, dell’ultima sonata di Schubert: questo noi non potremmo mai farlo, in filosofia. La filosofia ha bisogno della scrittura per fermare un tipo di pensiero; la musica (sembra lì di intendere) è pensiero a una velocità superiore.
(Grazie per i link!)