La vita di una persona non può mai essere condivisa con un certo numero di libri scritti a una certa età, in certi luoghi e in certe occasioni. Il concetto di autore scricchiola. Scricchiola a partire da qui. Se proprio lo si vuole mantenere, esso dovrebbe prevedere una sorpresa finale. Quale sorpresa? Quella che di colpo manifesterebbe un’opera messa insieme lungo tutta una vita, resa apposta casuale e monotona, non tramite libri singoli, ma attraverso rifacimenti dello stesso progetto, tendente a una sola frase fondamentale, o a uno snello insieme di frasi sottili e forse fondamentali. Il libro è un intralcio, soprattutto per un autore. Autore sarebbe allora sinonimo di attività postuma. E probabilmente, prima di sparire del tutto, che gli piaccia o no, esso è destinato a diventarlo per davvero.
I libri sono un intralcio e un surrogato, appena appena adeguato, richiesti allo scopo di consegnare un autore al fatto di essersi adeguato ai fondamenti, del tutto arbitrari (quando lo si comprenderà?), di una carriera.
Che cosa cambierebbe col sopraggiungere di questi principi? L’opera sarebbe un enigma, a volte lunga, sì e no, quanto una frase; essere un autore sarebbe una delle tante manifestazioni dell’arte di restare nascosto per tutta la vita.