Fatto a noi forse solo torna ora dire che Erich Priebke falso fu tutto simbolo uno, tombolo che, a modo di vampiro, attirato, ha, dico io, Erich Priebke, noi non sappiamo cosa sia il meticcio italiano – il meticcio italiano? il meticcio italiano porco e tanto sporco: noi che men che meno Nemo sappiamo cosa sia il meticcio italiano; “meticcio italiano” è sintagma che ci può osservare o anche no – da parte una e altra –, fautori e nemici, a falsa insegna, appunto, “falso simbolo”, cioè tutto quanto senso che falsità di “Erich Priebke quale falso simbolo”, è descrizione che vien su creata da epoca a cui non viene delegato privilegio di detenere più che mai il simbolo, ma che vuole creare stracci & stralci, simboli, stretti da parte una et altra, in quanto simbolo che le conviene creare, dico stracci & strappi & stralci su tralicci – e in questo caso il simbolo di nazismo, come simbolo di ciò che le conviene, punto creare, per cui Priebke era allora simbolo passibile & in tutto perfetto portatile, per quanto mai palesemente posticcio, perché inventato? l’incontro con il nazismo è quello che non avviene tramite la caccia al nazista Erich Priebke perché l’imprigionamento di Erich Priebke porta, come giustamente AI stesso richiama, all’intervista con il vampiro alla fine, battaglia perduta, intervista non concessa, a differenza dell’intervista concessa dal vampiro, ma questo per gli italiani è tutt’altro che ostacolo, simbolo del nazismo, non essendo mai possibile collegamento tra la grigia personcina di Erico Priebke a Bariloche beccato braccato e imbracciato verso su maledetta Italia il nazismo in quanto ideologia di foco e sangue, ma solo collegamento uno con epoca di vuoto & voto, che la maledetta Italia e gli italiani di merda, sua carogna infilata in quel posticiattolo perfettamente incarnata con tutti suoi ebrei capitanati, in cotanta sporca per caso porca occasione di un viaggio allucinante, dal ringhieggiante Riccardo de li Pacifici, porco italiano pastasciuttaro, orangutan pallido meticcio italiano che ringhia & scotesi, italo scatenato, come forchettata de li umani da Pierre de Boulle narrati & schiaffati in ristretta gabbia gabbietta a schiattare, non c’era niuna battaglia, a reclamare verità sovra falso straccio & simbolo, questo perché l’epoca che non ha simbolo è l’epoca del vuoto (ma l’italiano di merda è ciò che vince sempre nel vuoto) – per cui il libro di Antonio Iovane sona allora sì simbolo di come si possa legittimamente compilare romanzo sovra cotanta spirale di vuoto voto vacuo fatto sfatto sfratto sfruttato pure, in occupazione di tempo, giacché solo l’epoca de lo vuoto ha clamato, infatti, libro compilato, puntualmente, (cioè a partire da punto 1, spunto voto vuoto fatto or or di placca tanto nova) allora dall’autore Antonio Iovane, perché l’epoca del vuoto è l’epoca che non possiede più simbolo, perché se simbolo è ciò che non è mai ciò che viene dominato, ma ciò che domina li umani esseri tutti quanti in batteria, ma appunto proprio questo è ciò che deve essere riconosciuto, sembra caso di asserire, nonostante Jung & Lévi Claude di Strauss, stesi a nova definizione di loco tanto passivo di soggetto quanto uno, nel mondo momento in cui viene riconosciuto dominio tale e tale, instaurando così pericolo di dominio di simbolo mille e mille, che è ciò che vediamo essere stato presente nel nazismo, mentre ciò che vediamo nel romanzo Il carnefice di Antonio Iovane è ciò che sembra avere autorizzato a definire Erich Priebke attraverso il solo sintagma “il carnefice” da parte di AI, in quanto autore in tutta estensione di romanzo suo più che men che prolisso, (per ben sei volte nei titoli di capitoli porchi suoi, leggiamo: “Il carnefice a Roma / Il carnefice spara / Il carnefice in Argentina / Il carnefice in Italia / Il carnefice a processo / Il carnefice muore”) posso dire, senza mai presentare giustificazione per tal trito & triste sintagma in piazza tengo tango a dire, puro sintagma intensivo, per quanto tale triste & abusato epiteto non sia mai comparso nella definizione del personaggio in quel là dato romanzo – infatti Antonio Iovane non presenta mai Erich Priebke quale personaggio di romanzo, cosa che comunque sarebbe stata inopportuna, proprio perché AI è ciò con cui non vuole avere a che fare, in quanto presentare Erich Priebke come protagonista di romanzo avrebbe voluto dire smascherare il vuoto su cui ’sto personaggio del picchio reggesi in pacchia di avversari appena (“io lavaplatos”, ma bisogna pure salvare il sogno delle parole dal romanzo?), che è lo vuoto che regge tutti gli scribacchini/becchini che picchi picchiano a la maledetta & stramaledetta Italia di merda porta a porta (= Dante di merda = Boccaccio di merda = d’Annunzio di merda, cazzo, li avrete sentiti nominare, no?, questi bastardi di italiani?), tale da essere gratificato da questo epiteto, quanto meno all’interno di un genere di romanzo, ma tale tratto a carro tramoggia tra tanti strutti stratti termini è ciò che tenta compilatore AI, che si move nell’epoca senza simboli, bove asinino, a presentare tristo traino trito stretto suo protagonista di malora cotanta triste figuranza che è porca sua (Dio stramaledica l’Italia!), che pon carro tramoggia innanzi a tanti bovi miti tutti quanti che li rimangono (Dio stramaledica l’Italia!), mentre nel romanzo non devono essere personaggi a parlare, ma la lingua a creare i personaggi lungo il procedere de lo romanzo tutto allora intenso (Dio stramaledica l’Italia!); ma come organizza, AI, il suo romanzo-inchiesta?, eludendo zum pa pa possibilità di “antiromanzo” (niente antiromanzo, per l’italiano di merda, semmai romanzo, per lui, en la forma di romanzo di Murakami Haruki), pure utilizzata da Laurent Binet in HHhH, suo romanzo, che vuole dire giustamente tramite polifonia interna a genere di “romanzo”, che porta romanzo quello a farsi falsa polifonia tutta di autentico richiamo paulausterianamente steso a coinvolgere propria sua figura & pure propria famiglia in sporca impresa di maledetta Italia (così AI richiama i suoi nonni durante svolgimento di romanzo tutto suo stracciato), il quarto volume del Romanzo Einaudi contiene saggi due, uno a nome di Richard Maxwell, titolo: “Manoscritti ritrovati, strane storie, metaromanzi”; uno di Alessandro Baricco, dicolo titolo: “Dracula”, che permettono di collegare figura di Erich Priebke, come vista da AI in tratto di suo romanzo-inchiesta, a figura di Dracula conte presente minaccioso nel romanzo Dracula di Bram Stoker e dei Protocolli dei Savi anziani di Sion; perché, secondo Richard Maxwell, il manoscritto non è tanto ritrovato quanto “costruito” a scotto pezzotto dopo pezzotto: Dracula potrebbe dominare la intera razza umana gente, a meno che non si intervenga per eliminarlo, per cui la ricerca scientifica (qui volta a la messa in luce del vampiro sì quale personaggio) diventa strumento privilegiato di igiene sociale; invece Alessandro Baricco collega la figura di Dracula Conte a quella di don Giovanni, per cui Dracula come romanzo è caratterizzato da una strana difformità: Dracula, a cui è intitolato il romanzo, non è il vero protagonista del romanzo, infatti egli è molto poco in scena, e dopo la prima parte, quella relativa a Jonathan Harker, sparisce e fa solo fugaci apparizioni, mentre gli altri personaggi, sono letteralmente ossessionati da lui – un altro testo ha una struttura simile, egli fa presente: Don Giovanni di Mozart e Lorenzo Da Ponte – ma la questione è che è stato visto in Dracula il nemico di razza, che è quello che non può più essere considerato, poi, come dimostrano i casi di questi due tardi e tosti romanzi: Io sono leggenda (1954) di Richard Matheson e Il pianeta delle scimmie di Pierre Boulle (1963), cioè la questione, antecedente a tutti romanzi del mondo moderno, di dare forma al mondo, eliminando ciò che non ha diritto di stare nel mondo e ciò che invece deve essere eliminato dal mondo (eppure qui non si pensava, coscientemente a “dare forma al mondo”, tutt’altro); Dracula e don Giovanni possono essere accostati in base a comune una caratteristica: perché essi occupano un pertugio pesto, quello del desiderio scatenato, che rischia di travolgere tutti coloro che hanno a che fare con loro; una società è così minacciata da una forza terribile (don Giovanni, Dracula); per sconfiggere il nemico, che è il nemico di razza, la società non può usare le sue solite armi, ma deve allearsi con il sovrannaturale; così don Giovanni sarà ucciso da uno spettro, i nemici di Dracula dovranno accettare l’esistenza dei vampiri e usare le armi sovrannaturali per annientarli: la scena si presenta anche più che ambigua: le vittime sono travolte dalla forza oscura, l’accettano, non se ne ritraggono, almeno di primo acchito, è tutto un baratro che si apre e che rischia di travolgere la società razionalmente costituita, perché si ha lo sprofondamento nel dionisiaco, e in Dracula è soprattutto presente l’aspetto della repressione del sesso, tipica dell’epoca vittoriana, le donne rischiano di sprofondare nel buco dal quale colui che occupa lo spazio del buco le chiama, e di trascinare con loro i rispettivi mariti, Dracula è quindi la personificazione dello scatenamento di queste forze, sopprimere Dracula vuole dire impedire la trasformazione delle donne in creature selvagge e primitive, folli per il sesso; ma, tornando al romanzo di AI, che conosce tanto Don Giovanni di Mozart/Da Ponte, quanto Dracula di Bram Stoker, il paradosso è questo: che Erich Priebke non soni mai come simbolo di nazismo, perché il nazismo ha rappresentato il pericolo che Jung ha ricordato nell’archetipo collettivo, mentre gli italiani sono a tutti gli effetti simbolo del meticciato, la cosa più schifosa che esista al mondo, che è che ciò che mai e poi mai è chiamato a stornare, perché (noi siamo ciò che siamo chiamati ad avere a che fare con la strategia di ragno di meticcio italiano, come direbbe Van Helsing – “Dio stramaledica l’Italia!”, dico, chiamando, qui, non il dio höldeliniano, indicato là giustamente come il dio del nemico, ma il dio della razza bianca) dubbio a voi viene che questo romanzo sballo di gruppo gestito è da Simon Wiesenthal Center pure? (Dio stramaledica l’Italia!) – “Se fai come Simone, non puoi certo sbagliar” – tempi sono ormai così messi che, o trionfa la giustizia proletaria o trionfa giustizia come solo Klossowski ha saputo indovinare definendo Sade colui che ha visto nell’ateismo realizzato la fine dell’epoca dell’umanesimo, che è quello che il finocchietto italiano e comunista Pasolini mai ha potuto comprendere di Sade in lettura sua di giornate 120 su pellicola – ma è un peccato che il finocchietto italiano e comunista Pasolini non abbia stiracchiato fuori un romanzetto da propria sua versione su pellicola di Salò stertoroso, così come ha tirato fuori un romanzetto da sua pellicola stertorosa Teorema, perché sarebbe venuto fuori un romanzetto forse importante, così come io penso che Teorema sia un romanzetto importante nel panorama della letteratura del disgustoso meticcio italiano, ma con ben altri finocchietti, il finocchietto Pasolini ha avuto a che fare – quando, leggendo un testo del finocchietto italiano e comunista Pasolini, si viene irretiti in quella strana considerazione sull’agire del proletariato, cui il finocchietto italiano e comunista Pasolini subdolamente voleva condurre a sesso duro, a cui non avevamo mai ancora pensato, per cui i concupiti uccelli proletari, che la giustizia proletaria avrebbe dovuto fare fucilare come proprietà privata oppure stabilire in quanto bene collettivo, da quel finocchietto italiano e comunista fatti fotografare in impeccabile targa steampunk vaporante, bisogna sempre allora sempre chiedersi: “Che cosa vuole, questo bastardo di italiano, in Europa?”, per poi subito rispondere: vuole italianizzare, vuole meticizzare l’Europa, così AI è il folle per trovare la giustificazione per eliminare di brutto vecchio Erich Priebke, per cui non è possibile carpire il romanzo inchiesta Il carnefice di AI se non si ha presente il romanzo Dracula di Bram Stoker, e così Resistenza è il vuoto che marca voto che tanto lega il disgustoso meticcio italiano (= monstruo, cazzo, lurido schifoso bastardo meticcio cretino italiano di merda che in tutto sona lurida bava d’Italia, che balla e sballa, che mai deve avere terra, perché mai ha avuto zolla, terra e sangue), che non ha ragione manco una, dico appena una, di esistere, con sue teorie di scimmie boulleane, mai booleane – questo per niente; per cui questa può essere pure versione breve di recensione lunga di istesso ben uno romanzo, quello appunto di AI, che potrebbe ugualmente tanto essere stesa in intensa forma quanto estesa in distesa forma, ma che dovrebbe allora comprendere pur ben 335 frasi (Dio stramaledica l’Italia!), separate da punto uno, una per ogni carcassa di maledetta carcassa di meticcio italiano bastardo separata appunto da sparo uno paro paro (pum!, via un italiano; pum!, via un altro italiano; pum!, via un altro italiano cacciato sopra quell’altro), Dio stramaledica l’Italia!, e pure versione mediana di 335 frasi tutti uguali, una per ogni bastardo di italiano in quelle Fosse cave, ma devo dire, questo perché gli italiani non mi sono mai piaciuti per niente (cazzo! – Dio stramaledica l’Italia!), anzi, a dirla tutta, devo dire che, tutti gli italiani, mi hanno sempre fatto schifo, tanto assai e sono ben contento di questa lontana & pur remota occasione da me nel tempo che ha permesso, in tutta legalità, di farne fuori ben trecentotrentacinque – dico e godo 335 italiani di merda, sempre troppo pochi, trecentotrentacinque italiani di merda ma sempre meglio di niente (in fondo e frodo, che è, che definiamo romanzo, se noi siamo ciò che rimane, 11 picciol cose da dire e poi ridire?) – così questo post è scritto e detto in segno di aspro disprezzo verso disgustoso meticcio italiano di merda, quanto mi fanno schifo gli italiani, e le italiane pure, col loro Dante di merda, così gli antifascisti in Scarpetta conclamati, che han sì difeso Priebke Erico (Erich), in sui ultimi giorni, partivano dal principio che “il nazismo è ormai più che men che niente”, contrariamente invece a quello che invece deve essere considerato, cioè lasciato cadere il “pericolo” che è sempre presente nel richiamo al nazismo, che è quello che invece ha indicato Jung, nonostante il giudizio negativo di Miguel Serrano, che è ciò che deve ritornare – poi l’intervista col nazista, che chiama la bolsa falsa intervista con nosferatu da parte di Dame Anne Rice, vanhelsingianamente stiracchiata in parte, contro il quale è giusto ciò che allora stato è compilato in rapida fretta tutta, affinché mai si dimentichi il disprezzo, ciò che ha smesso insieme meticci italiani + qualche ebreo di fretta pure piatta con patta fatta mano morta matta, cioè la lista lesta – ma il guaio è che le carcasse degli italiani possono sempre chiamate esser posson come “zombie” a comparire, a Lestat empire voto e i meticci italiani de le Fosse Ardeatine sono sempre solo italiani di merda & trecentotrentacinque italiani di merda, zingari africani, scarafaggi africani, italiani di merda sono semper pronti a balzare freschi & frischi da fiaschi Klein chianti frizzanti da Fosse Lambrusco Ardeatine sì quale patatine fish & chips fritte da bottiglie Klein di un manico dispiegato, malpagate, ad anfora su da Fosse Ardeatine di merda per partecipare a gran ballo di gruppo di negro bianco sbiancato Michael Jackson sonato da gran lovecraftiano falso magro John Landis di sogno in filmato suo di negro tutto blek all horror macigno balocco in chiave haka, sempre in lutto, uno a volta che a italiano di merda surge in la mente su di porca sua di italiano (cazzo di italiano di merda, mille volte, ti dico io di qui quo qua, italiano di merda, al lazzo, cazzo t’allaccio: 335 italiani di merda) di dire che stata è compilata completa & completata, cosa mai mai? – cosa cosa mai mai, mi domandi?, di allora: te lo vomito dritto addosso su quella tua brutta testa di italiano di merda, italiano di merda, nient’altro che nova lista
Antonio Iovane, Il carnefice. Storia di Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, Mondadori, Milano 2024
Egils saga Skallagrímssonar, Íslenzk fornrit 2, Reykjavík 1933