«L’italiano è infido, bugiardo, vile, traditore, si trova più a suo agio col pugnale che con la spada, meglio col veleno che col farmaco, viscido nella trattativa, coerente solo nel cambiar bandiera a ogni vento – e ho visto che cosa è accaduto ai generali borbonici non appena sono apparsi gli avventurieri di Garibaldi e i generali piemontesi.»
Questa frase, tratta dal secondo capitolo del Cimitero di Praga di Umberto Eco, si potrebbe collegare alla storiella ebraica più volte ricordata negli Scritti di Lacan: «”Perché mi menti? ‒ vi si esclama con un filo di voce – Sì, perché mi menti dicendomi che vai a Cracovia perché io creda che vai a Lemberg, quando in realtà vai proprio a Cracovia?”».
È modo di fare che rivela molto della strategia del postmoderno; e istruisce pure sulla dinamica del romanzo postmoderno come genere. Naturalmente, bisogna evitare l’intervento di un soggetto calcolante.