L’agone omerico di Nietzsche

Nietzsche affronta la Grecia in un modo diverso. Ma questo impegna la modernità circa domande improponibili.
«Così i Greci, gli uomini più umani dell’epoca antica, hanno in sé un tratto di crudeltà, di desiderio di annientamento che li rende simili a tigri; un tratto che è assai visibile anche nell’immagine grottescamente ingrandita dell’uomo greco, cioè in Alessandro Magno; un tratto, peraltro, che in tutta la storia greca, come pure nella sua mitologia, reca un turbamento a noi, che ci accostiamo ai Greci con il molle concetto moderno di umanità.» (p. 245).
Ciò che si vede della Grecia in questa immagine di Nietzsche è qualcosa di diverso dall’immagine che l’uomo vuole riconoscere come proprio passato. Ma si va ben oltre Foucault, che pure aveva riconosciuto in Nietzsche la capacità di andare oltre le soglie delle grandi fratture.
La Grecia di Nietzsche è una terra di gente abituata al sospetto, alla difesa, all’attacco.
1) In Nietzsche manca una riflessione sull’abitare. Nietzsche è il pensatore dell’arte di trascorrere il mondo, di darsi al mare. Nietzsche è comunque il fondatore del sigillo del luogo di nascita dei pensieri. I suoi pensieri nascono dalle passeggiate sulle vette. I pensieri dei cattivi filosofi nascono dalla puzza di chiuso delle loro cellette monacali. Nietzsche non è riuscito a stabilire l’origine nazionale dei pensieri. Ci si è appena avvicinato con la precisazione che il cristianesimo ha in sé la puzza del deserto.
2) Nietzsche determinerà in seguito il concetto di “aristocrazia dello spirito”, ma in questo scritto giovanile sfiora una questione fondamentale: il modo in cui è stato creato il miracolo artistico greco. Miracolo basato sull’invidia, sulla diffidenza, sull’insofferenza reciproca. L’Europa ha creato parte della sua civiltà su queste fondamenta, cioè sul miracolo greco. E ora più che mai c’è da chiedersi: “È questa Europa?”
Infatti l’uomo moderno deve affrontare due questioni fondamentali:
Prima questione: “L’Europa non è più la terra degli europei.”
Seconda questione: “Perché l’Europa è, adesso, questa Europa?”
In Grecia si è avuto il primo inizio del pensiero in Occidente. Ma questo implica “con la Grecia”. Il pensiero e le arti occidentali hanno sempre dovuto confrontarsi con quanto accaduto in Grecia in quei tempi aurorali. Nietzsche ha gettato una luce diversa su quell’aurora. Eppure la questione è ancora più sfuggente di quanto non abbia pensato Nietzsche. Bisogna avere chiaro quanto quell’aurora sia estranea a ciò che si è delineato come terra della sera. E la Terra della Sera deve sentire come estranea alla sua natura quanto accaduto in quell’aurora. Solo così, in un nuovo canto della sera, potrà avere luogo un nuovo pensiero.

Cinque prefazioni per cinque libri non scritti, Agone omerico, in La filosofia nell’epoca tragica dei Greci e Scritti dal 1870 al 1873. Volume III, tomo II delle “Opere di Friedrich Nietzsche”, Adelphi 1980, a cura di Giorgio Colli, pp. 207-255.

Il filosofo e la terra

Lo scritto giovanile di Nietzsche Sull’avvenire delle nostre scuole è importante perché definisce la rottura di Nietzsche con le istituzioni scolastiche, in questo caso nella forma della sua partecipazione all’insegnamento. Egli capisce che la scuola non può portare a niente di nuovo e, soprattutto, non può permettere a lui, in nessun modo, la formazione del suo pensiero. Da un certo punto di vista, questo scritto occupa una posizione simile e contraddittoria al testo di Heidegger intitolato: Perché restiamo in provincia? In entrambi i casi la possibilità di un pensiero è strettamente collegata a uno stile di vita e alla presenza di un ambiente, di una terra. In Nietzsche c’è la questione dell’allontanamento dalla scuola, ma non compare il tema della terra; meno che mai della terra tedesca. In Heidegger l’allontanamento dalla scuola non è mai necessario, ma compare il tema della terra tedesca, e della sua opposizione alla terra dell’epoca precedente, l’epoca della metafisica.

Adorno, elementi di antisemitismo – 2

Adorno, a differenza di Heidegger, non era interessato ai fondamenti della filosofia. Nessuno scavo nei concetti della filosofia per un nuovo disprezzo del sapere.
Dialettica dell’illuminismo è un libro segnato da grandi soluzioni di continuità: il concetto di illuminismo, l’Odissea, Sade. Ma tutto sembra convergere negli “Elementi di antisemitismo”, essendo questo il punto più adatto per raccogliere i diversi elementi del discorso precedente: discorso sull’illuminismo, discorso sulla cultura, discorso sul nazismo; il tutto inserito nella archeologia dell’antisemitismo quale nascita di un nuovo tipo antropologico.
Ma è proprio questa presentazione che ha qualcosa di aperto. Infatti, così come si presenta, questa sezione propone materiale sufficiente per abbozzare il possibile “tipo antropologico dell’anti-antisemita”.

Delle Tre Metamorfosi

In una nota al primo discorso di Zarathustra, “Delle Tre Metamorfosi”, Giulio Sézac rimanda a un passo della Fenomenologia dello spirito di Hegel: «”[lo spirito] versa in un travagliato periodo di trasformazione. Invero lo spirito non si trova mai in condizione di quiete, preso com’è in un movimento sempre progressivo.”».
Zarathustra indica qui tre metamorfosi dello spirito: cammello, che sopporta i pesi impostigli; leone, che si ribella, anche se in modo confuso; bambino, che è solo gioco e innocenza, assenso al gioco della creazione.
Accettando l’osservazione di Giulio Sézac, è possibile andare oltre e intravedere un ribaltamento della struttura della Fenomenologia. L’ultimo stadio non porta, nel discorso dello Zarathustra, ad una forma di autocoscienza, ma al gioco innocente del fanciullo, cioè alla negazione di un fine raggiungibile nell’ultima metamorfosi. Hegel, dunque, non è solo ricordato, ma, soprattutto, ribaltato. Inserito in una posizione così determinante all’interno del libro, il primo dei discorsi di Zarathustra, il brano sembra voler fare i conti con Hegel, ribaltarlo per poi procedere oltre.

     F. Nietzsche, Queste le parole di Zarathustra, a cura di Giulio Sézac, Edizioni di Ar, Padova 2011, n. 1, p. 138.

Topologia

La differenza notata tra il primo e il secondo Heidegger potrebbe sempre più tendere a sfumare. Il passaggio da un tema all’altro in un tempo lungo prevede delle trasformazioni che potrebbero essere indicate come topologiche: poiché prevedono modifiche che escludono fratture sostanziali. Allora i temi sarebbero prima di tutto delle forme vuote, che un significato di volta in volta rintracciato permetterebbe di mettere in movimento. Un movimento completamente nuovo, in grado di creare novità assolute.
Questo dalla prospettiva della comparsa dei temi; dalla prospettiva del funzionamento dei temi è invece fondamentale la frattura tra un periodo e l’altro, anziché la persistenza.