Nel canto sottovoce dell’Ora più tacita dello Zarathustra, Michel Foucault intravedeva il passo timido con cui, in qualche parte del mondo – del tutto ignorato – goffamente avanza il superuomo.
Per delineare il superuomo è forse sufficiente restare in attesa, ma è fondamentale la non riconoscibilità delle figure. Se si trattasse di “forme” sarebbe sufficiente evitare la segregazione insita in quei giochi d’ombra e macchie su cui basa i propri principi la Gestalt.
Si tratta invece di superare il principio della rappresentazione. Inadeguatezza, quindi, tanto della figura del lavoratore di Jünger, quanto del protagonista del Fuoco. Ma La Leda senza cigno potrebbe almeno permettere uno sfondo più adeguato.
È chiaro che ci si deve avvicinare al porto del romanzo aggirando gli scogli della rappresentazione.
Finora, l’unico romanzo che – in tutta la storia del romanzo – abbia funzionalmente fatto a meno dei pezzi d’appoggio della rappresentazione, e coerentemente abbia mandato a pezzi il romanzo, è Finnegans Wake.
Verrebbe quindi da porre la domanda: “Chi è HCE di James Joyce?” Vale a dire: qual è la funzione del personaggio Zarathustra?
Quando ci si accorgerà che il superuomo è l’ombra che manca appena nella terra delle ombre della sera?
Ma nella Terra della Sera, quando solo un’eclissi diffusa chiama la Terra del Sole che Sorge, allora il superuomo è la rinuncia dell’uomo all’uomo per incominciare ad andare appena oltre l’uomo, nell’ombra delle ore più lunghe, muovendo i primi passi nella terra dell’eclissi.
Si vede che è proprio questo il complesso di argomenti che deve configurarsi nell’immediato per sfuggire tutto di colpo al nocciolo della rappresentazione.
Così il nuovo tipo umano è ancora più difficile da cogliere: «Per questo noi ci possiamo appena rappresentare il modo in cui devono ‘essere’ – e devono invero appartenere all’Essere e alla fondazione della sua verità – ‘qualcosa’ e qualcheduno che non ‘producano effetti’ e non si lascino alle spalle alcunché di compiuto.» (M. Heidegger, Ernst Jünger, Bompiani, Milano 2013, p. 477).
Il superuomo è ciò che fa un primo e timido passo indietro e poi va ancora più indietro rispetto a ciò che l’uomo ha conquistato, muovendo i primi passi nella terra incerta dell’eclissi.
Categoria: Filosofia
Heidegger su Jünger
Una obiezione alla interpretazione di Heidegger del lavoratore di Jünger: Heidegger non sembra accorgersi che Jünger non vede il fattore decisivo del superuomo per quanto riguarda la sua teoria del lavoratore. Vale a dire: il voler creare, da parte del superuomo, in quanto superuomo. Il lavoratore è costretto ad un lavoro che non lo rappresenta. Stelio Èffrena, il protagonista del romanzo Il fuoco di d’Annunzio, potrebbe essere considerato più nietzscheano di quanto non lo sia il lavoratore di Jünger: Stelio Èffrena, infatti, forgia il mondo secondo la sua volontà.
Il superuomo di Nietzsche sceglieva il gioco, dava una meta al mondo e lanciava il tutto (mondo e superuomo) in quella direzione, pur essendo consapevole del carattere fittizio di ogni meta, compresa la sua, poiché il mondo è appunto ciò che non ha – né deve avere – senso alcuno. È questo un tratto tipico di Nietzsche, che puntualmente manca nella letteratura a lui ispirata: la facoltà di non prendersi mai fino in fondo sul serio; manca nel protagonista del Fuoco e, su un piano diverso, manca nella teoria dell’anonimo lavoratore di Jünger. Nel Fuoco il protagonista si prende troppo sul serio, sapendo di essere il superuomo; in Jünger il lavoratore si lancia nel lavoro che sovverte il mondo, senza sapere di essere il superuomo.
Nemmeno Heidegger considera in questa occasione l’unicità del superuomo. E il superuomo continua ad aggirarsi per il mondo, adesso degradato a lavoratore (un po’ Wotan, un po’ Siegfried, come in una sgangherata e nietzscheana messa in scena di periferia del Siegfried). Si ha così una ricomparsa del concetto formulato da Marx nel luogo a lui più propizio: è l’uomo a creare la propria storia, trasformando attivamente tutto il mondo, ma lo fa in una condizione di alienazione, quella appunto dell’operaio.
Solo il superuomo dà senso al mondo. E Nietzsche aveva presente questa differenza.
Heidegger, Ernst Jünger, Bompiani, Milano 2013.
L’agone omerico di Nietzsche
Nietzsche affronta la Grecia in un modo diverso. Ma questo impegna la modernità circa domande improponibili.
«Così i Greci, gli uomini più umani dell’epoca antica, hanno in sé un tratto di crudeltà, di desiderio di annientamento che li rende simili a tigri; un tratto che è assai visibile anche nell’immagine grottescamente ingrandita dell’uomo greco, cioè in Alessandro Magno; un tratto, peraltro, che in tutta la storia greca, come pure nella sua mitologia, reca un turbamento a noi, che ci accostiamo ai Greci con il molle concetto moderno di umanità.» (p. 245).
Ciò che si vede della Grecia in questa immagine di Nietzsche è qualcosa di diverso dall’immagine che l’uomo vuole riconoscere come proprio passato. Ma si va ben oltre Foucault, che pure aveva riconosciuto in Nietzsche la capacità di andare oltre le soglie delle grandi fratture.
La Grecia di Nietzsche è una terra di gente abituata al sospetto, alla difesa, all’attacco.
1) In Nietzsche manca una riflessione sull’abitare. Nietzsche è il pensatore dell’arte di trascorrere il mondo, di darsi al mare. Nietzsche è comunque il fondatore del sigillo del luogo di nascita dei pensieri. I suoi pensieri nascono dalle passeggiate sulle vette. I pensieri dei cattivi filosofi nascono dalla puzza di chiuso delle loro cellette monacali. Nietzsche non è riuscito a stabilire l’origine nazionale dei pensieri. Ci si è appena avvicinato con la precisazione che il cristianesimo ha in sé la puzza del deserto.
2) Nietzsche determinerà in seguito il concetto di “aristocrazia dello spirito”, ma in questo scritto giovanile sfiora una questione fondamentale: il modo in cui è stato creato il miracolo artistico greco. Miracolo basato sull’invidia, sulla diffidenza, sull’insofferenza reciproca. L’Europa ha creato parte della sua civiltà su queste fondamenta, cioè sul miracolo greco. E ora più che mai c’è da chiedersi: “È questa Europa?”
Infatti l’uomo moderno deve affrontare due questioni fondamentali:
Prima questione: “L’Europa non è più la terra degli europei.”
Seconda questione: “Perché l’Europa è, adesso, questa Europa?”
In Grecia si è avuto il primo inizio del pensiero in Occidente. Ma questo implica “con la Grecia”. Il pensiero e le arti occidentali hanno sempre dovuto confrontarsi con quanto accaduto in Grecia in quei tempi aurorali. Nietzsche ha gettato una luce diversa su quell’aurora. Eppure la questione è ancora più sfuggente di quanto non abbia pensato Nietzsche. Bisogna avere chiaro quanto quell’aurora sia estranea a ciò che si è delineato come terra della sera. E la Terra della Sera deve sentire come estranea alla sua natura quanto accaduto in quell’aurora. Solo così, in un nuovo canto della sera, potrà avere luogo un nuovo pensiero.
Cinque prefazioni per cinque libri non scritti, Agone omerico, in La filosofia nell’epoca tragica dei Greci e Scritti dal 1870 al 1873. Volume III, tomo II delle “Opere di Friedrich Nietzsche”, Adelphi 1980, a cura di Giorgio Colli, pp. 207-255.
Il filosofo e la terra
Lo scritto giovanile di Nietzsche Sull’avvenire delle nostre scuole è importante perché definisce la rottura di Nietzsche con le istituzioni scolastiche, in questo caso nella forma della sua partecipazione all’insegnamento. Egli capisce che la scuola non può portare a niente di nuovo e, soprattutto, non può permettere a lui, in nessun modo, la formazione del suo pensiero. Da un certo punto di vista, questo scritto occupa una posizione simile e contraddittoria al testo di Heidegger intitolato: Perché restiamo in provincia? In entrambi i casi la possibilità di un pensiero è strettamente collegata a uno stile di vita e alla presenza di un ambiente, di una terra. In Nietzsche c’è la questione dell’allontanamento dalla scuola, ma non compare il tema della terra; meno che mai della terra tedesca. In Heidegger l’allontanamento dalla scuola non è mai necessario, ma compare il tema della terra tedesca, e della sua opposizione alla terra dell’epoca precedente, l’epoca della metafisica.
Adorno, elementi di antisemitismo – 2
Adorno, a differenza di Heidegger, non era interessato ai fondamenti della filosofia. Nessuno scavo nei concetti della filosofia per un nuovo disprezzo del sapere.
Dialettica dell’illuminismo è un libro segnato da grandi soluzioni di continuità: il concetto di illuminismo, l’Odissea, Sade. Ma tutto sembra convergere negli “Elementi di antisemitismo”, essendo questo il punto più adatto per raccogliere i diversi elementi del discorso precedente: discorso sull’illuminismo, discorso sulla cultura, discorso sul nazismo; il tutto inserito nella archeologia dell’antisemitismo quale nascita di un nuovo tipo antropologico.
Ma è proprio questa presentazione che ha qualcosa di aperto. Infatti, così come si presenta, questa sezione propone materiale sufficiente per abbozzare il possibile “tipo antropologico dell’anti-antisemita”.