Hitlerismo esoterico

La frase del Mein Kampf, secondo la quale combattendo l’Ebreo si migliorerebbe l’opera della creazione divina, contiene la nascita del principio dell’Hitlerismo esoterico. La lotta contro le razze inferiori non comporta la diffusione dell’odio razziale, ma, al contrario, il rispetto della creazione divina. La frase rilancia inoltre il principio della creazione gnostica, vale a dire dell’intervento di un Demiurgo durante la creazione divina, che è appunto uno dei temi dell’Hitlerismo esoterico.

L’alingua e il filosofo

Il filosofo, così come lo scrittore, non è altro che una possibilità della lingua. Forse è un qualcosa che la struttura di una lingua contiene come suo progetto attentamente pensato nel tempo. Bisogna solo attendere il tempo della sua venuta.
Così, filosofi e scrittori nascono solo nelle lingue che per secoli ne hanno, per così dire, preparato, senza volere, la comparsa.
Le parole composte tipiche della lingua tedesca sono uno strumento per il pensiero di Meister Eckhart, Novalis, Heidegger. È dalla riflessione su alcune parole della lingua che nasce lo stupore della riflessione sul mondo.
Ciò che il filosofo riflette è l’andare del popolo attraverso il suo tempo. Il tempo è sempre ciò che annulla, ma è anche ciò che preserva con amore.
Così è la lingua a chiamare il suo filosofo. L’Italia non può avere una filosofia, così come non può avere un poeta. Non si può parlare della lingua senza parlare dell’alingua. Lingue di questo genere devono preparare, con perplesso amore, alla scomparsa…

Il grande disprezzo

Quasi certamente Heidegger ha formulato la più profonda interpretazione moderna di Nietzsche. Una linea distingue i testi di Nietzsche da quelli di Heidegger. Nietzsche redigeva i suoi testi in base a quello che Klossowski definiva le “intensità”. Heidegger si muove invece su una linea puramente accademica. Niente è più lontano dai testi di Heidegger quanto un testo come Ecce homo. Eppure qualcosa collega Nietzsche e Heidegger, e fa sì che Heidegger possa essere considerato il più grande interprete moderno di Nietzsche. Io credo sia riconoscibile in qualcosa come la teoria del grande disprezzo. Il richiamo a qualcosa che spiazza l’essere umano; “l’uomo”, secondo la terminologia di Foucault. Ma in un modo più devastante di quanto non abbia mai fatto Foucault. In questo aspetto Heidegger è pura dinamite, così come pura dinamite era stato Nietzsche col suo stile. L’ermeneutica del soggetto di Foucault è un testo che ruota attorno a un bersaglio che non riesce mai a raggiungere pienamente; Heidegger fa a pezzi la teoria del soggetto. Anche Nietzsche l’aveva fatta a pezzi, ma in Nietzsche e Heidegger, quello che conta, è la linea del grande disprezzo, e non più la linea della verità. E questo, cioè il grande disprezzo al posto della verità, è quello che adesso è da pensare. (Inutile poi dire che questa riflessione si pone contro l’accademismo.)

Poesia e verità

Alla domanda che la gente si pone: «Chi è Zarathustra?», Zarathustra ricorda diverse risposte date dalle persone stesse.
Due di esse chiedono: «È un poeta? O uno che dice la verità?» (p. 170).
Alla fine del capitolo, Zarathustra, pieno di spavento, evita di insegnare quello intorno al quale tutto il capitolo gira: il pensiero dell’eterno ritorno.
È questo il «parlare gobbo» (p. 173) di Zarathustra, impegnato, fin dall’inizio del capitolo, in un dialogo con un gobbo (p. 168).
Perché il testo contrappone poesia e verità in modo così netto? Contro che cosa si scaglia Zarathustra? Zarathustra colpisce la poesia come obbligo al non pensiero. Zarathustra è un grande poeta che sa di essere un poeta e, sapendo di essere un poeta, ha paura di essere tacciato come persona menzognera.
Ma perché la poesia è sospettata di menzogna? Perché attraverso la poesia si è da tempo accettato l’obbligo al non pensiero: Zarathustra è anche colui che restituisce alla poesia l’obbligo del pensiero. Ma restituire alla poesia l’obbligo alla verità del pensiero vuole dire restituire al discorso della verità l’obbligo alla svagatezza. Cioè alla poesia. Zarathustra è colui che mischia poesia e verità, ma è anche colui che crede ancora a un segno della poesia e a un segno della verità e che nel momento in cui ne vengono compromessi i rispettivi confini, prova paura.
Noi possiamo osservare gli effetti dell’obbligo della poesia al pensiero a partire da due posizioni contrastanti e lontane nel tempo: la poesia di Dante e la poesia di Brecht. Dante è colui che richiama la poesia all’obbligo del pensiero; Brecht è colui che accetta definitivamente l’obbligo della poesia al non pensiero. Entrambe le posizioni richiamano una medesima falsità, come scopre Zarathustra.

     F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Opere di Friedrich Nietzsche, volume VI, tomo I, Adelphi, Milano 1973, parte seconda, Della redenzione.

Heidegger e il nazismo

La questione “Heidegger e il nazismo” non deve essere posta sulla base della adesione di Heidegger al nazismo, ma sulle sincronie possibili tra la teoria della fine della metafisica e il nazismo. La teoria della fine della metafisica indicava uno spostamento del pensiero, che dalla ubicazione in un mondo al di là del mondo, per usare la frase di Nietzsche, veniva a posarsi sulla terra in un modo sino ad allora al di là del pensiero.
Ma questa azione smascherava in automatico il mondo ebraico latino alla base dell’epoca della metafisica e poneva il mondo germanico come base della nuova epoca. L’azione della teoria di Heidegger viene così a convergere con alcuni tratti del nazismo, ed è su questo che bisognerebbe dirigere l’analisi.
La nostra epoca è l’epoca che vede lo scontro tra civiltà latina e civiltà germanica. È appunto tale scontro ciò che permette di accedere all’epoca della fine della metafisica nella sua integrità.
Quindi, più che di “Heidegger e il nazismo”, si dovrebbe parlare di “il pensiero di Heidegger e il pensiero dell’ideologia nazista”, o meglio ancora: “il pensiero di Heidegger e lo svolgimento inevitabile del pensiero occidentale”.