Colombo

Colombo ha scoperto l’America cinquecento anni dopo Leifr Eyríksson. Miguel Serrano ricorda come Colombo fosse un Giudeo. Pochi ricordano l’impresa di Leifr. Tutti ricordano quella di Colombo. Nella storiografia che premia Colombo, solo un Giudeo poteva avere fortuna. Borges sfiora l’argomento: l’epoca vichinga è passata come un sogno, sfiorando appena quella realtà nella quale essa non riuscirà mai a produrre effetti duraturi. Appunto: un sogno e solo un sogno; ma da dove vengono i sogni e da dove viene la delicata bellezza di tutti i sogni? Perché scegliere la realtà anziché il sogno? Infatti il sogno è ciò che viene contrapposto all’impianto stabile che viene definito realtà. Proprio all’interno di quella logica e di quella contrapposizione, il giudeo Colombo si troverà a proprio agio e così in grado di costruire la propria sgangherata fortuna. Cioè nell’agio della degenerazione. Colombo non era solo un Giudeo; era soprattutto un Italiano, astuto e calcolatore, pronto a sfruttare l’occasione che fa il ladro uomo. Lì infatti, in quel piccolo immortale giudeo italiano, si ritrova tutta la planetaria sporcizia italo-giudaico-massonica da bruciare.

Razze inferiori

Che Dio è un Dio che non crea le razze inferiori?
Borges: Shakespeare deve avere avuto simpatia anche per il suo personaggio più infame. Ma Shakespeare, in quanto creatore, aveva bisogno di questi personaggi infami. Che cosa sarebbe della creazione complessiva di Shakespeare, senza questi vertici del male? Perché un Dio avrebbe dovuto privarsi di questo singolare ed estremo piacere, peraltro indispensabile alla creazione? Le razze inferiori sono il vertice nascosto della creazione. E la manifestazione sospesa del Dio vivente. Ma Dio chiede, forse, all’uomo di riconoscere questo estremo segreto della sua Creazione e di sopprimere la razza inferiore, riconoscendo così la complessa bellezza di questa creazione divina. Ma che cosa rimarrà allora, di Dio? Non sarà, questo agire di un Dio, come l’agire di un Dio incalzato dall’ombra del tramonto? È possibile che un Dio abbia nascosto il suo segreto della creazione dietro le razze inferiori? Il Dio creatore tende la mano all’Ultimo Dio?

Losurdo: due note

Nota 1: «Come sappiamo, in Nietzsche il richiamo alla grecità autentica, pensata in contrapposizione anche con la romanità, cede progressivamente il posto al richiamo al mondo greco-romano nel suo complesso, travolto dalla sovversione ebraico-cristiana. È per questo che, sul finire della seconda guerra mondiale, Heidegger rimprovera al filosofo di essersi ispirato non già alla Grecia bensì a Roma. E la celebrazione della prima in contrapposizione alla seconda è ben presente anche in intellettuali e personalità più direttamente legati al nazismo. Non così in Hitler, che bolla il cristianesimo in quanto responsabile della “fine di un lungo regno, quello del luminoso genio greco-latino”. Roma è tutt’altro che sinonimo di decadenza: “L’impero romano non ha mai avuto l’eguale. Essere riusciti a dominare completamente il mondo! E nessun impero ha diffuso la civiltà come quello”. In questo senso ha ragione lo Heidegger che comincia a prendere le distanze dal Terzo Reich a rimproverare congiuntamente al nazismo e a Nietzsche di essersi lasciati affascinare dall’opzione romana.» (pp. 845-6).
Temi: Roma ha dunque affascinato Nietzsche e Hitler? Heidegger ha riconosciuto in Nietzsche e in Hitler la presenza di questo fascino e ne ha preso le distanze? Domanda fondamentale: che cosa era la Grecia? Perché la Grecia (e poi Roma), anziché il Nord?

Nota 2: La denuncia e la critica della Rivoluzione francese costituiscono l’unico modo per intendere il pensiero di Nietzsche come coerente unità (p. 897). «Solo non rimuovendo l’elemento che l’attraversa in profondità, solo tenendo ben presenti la critica e la denuncia militante della rivoluzione e della modernità, è possibile cogliere l’unità del pensiero di Nietzsche e la sua interna coerenza.» (p. 900). È più esatto dire che il pensiero di Nietzsche è un pensiero autenticamente aristocratico, che non scende mai a compromessi con i pregiudizi democratici della modernità. Il carattere autenticamente aristocratico di questo pensiero è contenuto in una frase, e in una fase, del giovane Nietzsche in riferimento a Socrate: “l’aristocratico comanda; il democratico deve convincere”. Tutto il pensiero di Nietzsche si svolge a partire da questo nucleo, subito intravisto. La difficoltà di comprendere Nietzsche dipende dalla nostra difficoltà ad accettare un principio del genere, espresso con questa (per alcuni) semplicità sconcertante. Ma la formulazione di questo principio è ciò che chiama in causa la possibilità di stendere testi. Il fatto che su Nietzsche la modernità ritorni sempre, dimostra che Nietzsche è ciò a cui noi, in quanto partecipi della modernità, siamo chiamati. Ma siamo chiamati in quanto chiamati a trovare una via d’uscita dalla modernità. La comparsa di questo libro di Losurdo ne è una dimostrazione. Il libro, infatti, sarebbe divertente, se non fosse soporifero.

C’è però da chiedersi: è giusto riunire il discorso di Nietzsche sotto la categoria del “politico”? Losurdo collega il discorso di Nietzsche alla critica della Rivoluzione francese, ma è giusto questo predominio? Il discorso di Nietzsche, con tutta probabilità, avrebbe potuto articolarsi anche senza l’incidente della Rivoluzione francese. La Rivoluzione francese isola infatti dei temi, ma non li origina da un nulla di idee. E nelle idee si annida la degenerazione. Collegare Nietzsche al “politico” vuole capziosamente dire che Nietzsche deve rispettare le basi di ciò che adesso è attinente – secondo noi – alla politica, cioè alla democrazia, alla quale siamo tutti incatenati. Dire che il pensiero di Nietzsche è un pensiero anti-democratico non è schierarsi politicamente, ma è ricollocare il pensiero di Nietzsche in una sua sfera d’origine al di là della nostra origine in quanto facoltà di pensare il politico. Prima di essere una categoria della politica, il “democratico” è una degenerazione del pensiero, che appunto Nietzsche ha contribuito a mettere ampiamente in luce.

Della novità del pensiero di Nietzsche, Losurdo affronta diversi temi finora non recepiti: il pensiero aristocratico; la possibilità di un pensiero “diverso” ai margini, completamente staccato dal tracciato democratico, alla fine dell’Ottocento; la possibile tendenza di un pensiero, fra i massimi dell’Occidente, verso il tema della eliminazione finale delle razze inferiori. È logico che Losurdo vi si muova un po’ spaesato. Infatti questo libro potrebbe essere molto divertente… se solo non fosse così soporifero.

          D. Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico, Bollati Boringhieri, Torino 2004 (I ed.: 2002).

Cinema. Vicoli ciechi

Bisogna accorgersi una volta per tutte che, ai giorni nostri, negli ambienti culturali dell’Occidente, lo scandalo non può essere più rappresentato in nessun modo dal sesso, ma dalla difesa della possibilità del genocidio. E soprattutto: della sua necessità. Vale a dire: dalla difesa della possibilità di un prossimo incombente necessario genocidio. È questo che la nostra epoca non può accettare in nessun modo: la giustificazione – da una punto di vista perfettamente razionale – della necessità del genocidio.
La nostra epoca deve essere inseguita nei vicoli ciechi delle sue disperse e molteplici periferie virtuali, là dove pensa di non trovare mai nessuno in agguato.