Ciò che rimane da pensare

Il razzismo non è ciò che deve essere favorito oppure osteggiato (secondo quanto sembra sostenere il fantasma dell’incitamento all’odio razziale – che, con triste insistenza, riunisce le posizioni di entrambi gli schieramenti), ma ciò che deve essere pensato.
Questo perché le teorie razziste sono teorie di tipo antropologico e filosofico, che nulla hanno a che fare con quanto oggi viene definito, attraverso i tanti mezzi di comunicazione di massa, con il termine “razzismo”.
Bisogna, prima di tutto, riprendersi le parole. Poi verrà, di conseguenza, il momento di riprendersi la terra. (Solo il destino di una fogliolina d’autunno unisce, a volte, per caso, una parola e la sua terra.)
Nell’epoca della modernità – quale predominio assoluto della razionalità – il razzismo è ciò che rimane da pensare.

Un sistema fatto in casa

È probabile che una filosofia, prima di essere la risposta ad altre teorie di filosofia, sia un modo per imbrigliare con parole un insieme composito che prevede un sistema di vita e un ambiente comune, una parte di terra dove della gente abita, e quindi anche delle parole. Così la filosofia di Heidegger sarebbe proprio quel sistema “fatto in casa” che irritava Bernhard. Ma lì non ci sarebbe niente di male; anzi, più le caratteristiche del “fatto in casa” dovessero accentuarsi, più la filosofia potrebbe essere di alto livello, giungendo sempre più attentamente a imbrigliare in parole – strettamente – cose e persone e parole. (Questo, per inciso, costituirebbe poi un modo diverso di affrontare la filosofia – e a ben guardare avrebbe anche poco a che fare con la stessa filosofia.) Infatti la filosofia così considerata si avvicinerebbe a cogliere l’unicità di parole e cose strette insieme, attraverso l’uomo, nell’abitare.