È un errore contrapporre la musica popolare, in quanto musica creata da una collettività, da un popolo, alla musica d’autore, cioè alla musica creata da un solo individuo. La musica è sempre creata da una sola persona. Una musica creata da più persone è invece da collegarsi a una musica creata secondo schemi industriali, cioè creata “a tavolino”, da più persone raccolte intorno a un progetto.
A creare la musica è sempre un individuo, ma ciò che cambia è la posizione dell’individuo all’interno della società, che di volta in volta lo esprime con la particolarità, sempre in movimento, dell’individuo. Nella musica popolare l’individuo è parte integrante del popolo; nella musica non popolare l’individuo crea secondo il proprio capriccio, o secondo gli intenti di un’industria; nel migliore dei casi secondo lo Zeitgeist. La sua musica è così una musica che nessuna società può riconoscere come propria. È una musica che viene da fuori, come una moneta straniera – che ha valore, ma in tutta un’altra parte del mondo. Viceversa, nella musica popolare, l’individuo, che è parte integrante del popolo al quale appartiene, crea una musica che ricade in quel popolo come una freccia scagliata in alto e destinata a cadere in un raggio preciso, e nella quale il popolo si riconosce per sempre.
Non esiste un’epoca della musica popolare; né, tantomeno, una fine di essa. Chiunque può creare musica popolare. È la posizione dell’individuo all’interno di una società a rendere possibile la comparsa di una musica popolare. E questa posizione, a quanto sembra, non è data una volta per tutte in modo definitivo. Nel caso della musica popolare il compositore è parte del popolo; nel caso della musica non popolare il compositore si separa dal popolo. È per questo che, nel caso della musica popolare, sembra che a comporre la musica sia stata una totalità. Invece, nella musica popolare individuo e popolo sono un tutt’uno e il compositore è testimone di questa compresenza. Nel caso della musica non popolare il compositore si pone come un soggetto di fronte a un oggetto e suona (nella migliore delle ipotesi, cioè nel’ipotesi si mancanza di una industria culturale) questa separazione.
La musica popolare è un salto nella maschera che è comunque sempre possibile per l’individuo. È in questo il mistero della musica popolare, sempre morta e sempre viva. Quindi anche la musica popolare è una possibilità che continuamente si apre.
Abbiamo allora il caso di una musica olistica e di una musica esercitata attraverso diversi livelli di individualismo. La musica olistica è la reale creazione di un genio individuale; la musica individualistica è la reale creazione di una collettività grigiamente anonima.
Sullo sfondo c’è sempre il soggetto, che si configura come una fase in un ciclo, che ne ammette la comparsa così come la sparizione.
Nell’epoca della modernità, niente è più fragile della modernità.
Europa indoeuropea
Quando io dico che gli Italiani non sono un popolo europeo, intendo dire che gli Italiani non sono un popolo indoeuropeo – a tutti gli effetti. È sempre più vicino il tempo di abbandonare il concetto di “europeo” per ritrovare quello di indoeuropeo.
Il passo del superuomo
Nel canto sottovoce dell’Ora più tacita dello Zarathustra, Michel Foucault intravedeva il passo timido con cui, in qualche parte del mondo – del tutto ignorato – goffamente avanza il superuomo.
Per delineare il superuomo è forse sufficiente restare in attesa, ma è fondamentale la non riconoscibilità delle figure. Se si trattasse di “forme” sarebbe sufficiente evitare la segregazione insita in quei giochi d’ombra e macchie su cui basa i propri principi la Gestalt.
Si tratta invece di superare il principio della rappresentazione. Inadeguatezza, quindi, tanto della figura del lavoratore di Jünger, quanto del protagonista del Fuoco. Ma La Leda senza cigno potrebbe almeno permettere uno sfondo più adeguato.
È chiaro che ci si deve avvicinare al porto del romanzo aggirando gli scogli della rappresentazione.
Finora, l’unico romanzo che – in tutta la storia del romanzo – abbia funzionalmente fatto a meno dei pezzi d’appoggio della rappresentazione, e coerentemente abbia mandato a pezzi il romanzo, è Finnegans Wake.
Verrebbe quindi da porre la domanda: “Chi è HCE di James Joyce?” Vale a dire: qual è la funzione del personaggio Zarathustra?
Quando ci si accorgerà che il superuomo è l’ombra che manca appena nella terra delle ombre della sera?
Ma nella Terra della Sera, quando solo un’eclissi diffusa chiama la Terra del Sole che Sorge, allora il superuomo è la rinuncia dell’uomo all’uomo per incominciare ad andare appena oltre l’uomo, nell’ombra delle ore più lunghe, muovendo i primi passi nella terra dell’eclissi.
Si vede che è proprio questo il complesso di argomenti che deve configurarsi nell’immediato per sfuggire tutto di colpo al nocciolo della rappresentazione.
Così il nuovo tipo umano è ancora più difficile da cogliere: «Per questo noi ci possiamo appena rappresentare il modo in cui devono ‘essere’ – e devono invero appartenere all’Essere e alla fondazione della sua verità – ‘qualcosa’ e qualcheduno che non ‘producano effetti’ e non si lascino alle spalle alcunché di compiuto.» (M. Heidegger, Ernst Jünger, Bompiani, Milano 2013, p. 477).
Il superuomo è ciò che fa un primo e timido passo indietro e poi va ancora più indietro rispetto a ciò che l’uomo ha conquistato, muovendo i primi passi nella terra incerta dell’eclissi.
Europa
Che l’Europa non abbia mai riconosciuto e fatto i conti il meticciato al suo interno, comporta che possa adesso tollerare il fatto che l’Europa non sia più la terra degli Europei.
Se l’Europa, a partire dagli anni ’50, avesse riconosciuto come elemento estraneo all’Europa e respinto – perché elemento estraneo all’Europa – il meticcio italiano, l’Europa non si troverebbe – adesso – a dover fare i conti con il Negro, con l’Arabo, con l’Indio.
Romanzo e parabola
Come certi paesaggi nordici – sublimi sotto il sole di ghiaccio di una tarda estate artica – certi azzardi della teoria dell’arte della narrazione sembrano prendere l’aspetto del corpo di una bellissima donna fatto a pezzi e lanciato nel mare più calmo del mondo, quello del Sacro Nord, nel mistero dell’incanto della notte sospesa, quando tutto ciò che è in quel mondo sembra chiedere soltanto l’occhio di un grande e nuovo artista, tanto perfetto nella sua arte quanto nel suo isolamento, per rendere grazie a Dio per la bellezza del mondo.
Con il romanzo realista, il romanzo si pone come una sofisticata arte della rappresentazione dello scacco che colpisce l’individuo durante tutta la sua parabola di vita desolata. Solo con il romanzo realista, infatti, il romanzo si definisce come un’arte delle piccole, infinite, deprimenti unità discrete. Meglio sarebbe chiamare il romanzo realista “il romanzo dell’individuo”, poiché è solo in questa fase che il romanzo si pone come storiografia del fenomeno dell’individuo, ormai assurto stabilmente a tipo dotato di una parabola organica. È appunto in mezzo a questo insieme che insiste il “realismo”. Così il realismo tende a identificarsi con ciò che è adesso immediatamente e puntualmente riscontrabile nella realtà. La condizione del protagonista del romanzo realista comporta la stessa condizione dell’individuo descritta da Heidegger in Essere e tempo.
Se il romanzo ha avuto la sua nascita nell’ambito di una simulazione della storiografia, il romanzo ridotto a storiografia del puro fenomeno “individuo” mostra la desolante parabola di tutto l’individuo, che da una nascita casuale traghetta verso una morte inevitabile. Nel romanzo realista manca proprio l’aggancio con la grande storia. Tutta la storia narrata nel romanzo realista si riduce a storia di un piccolo individuo. Il romanzo orchestra una quantità di piccoli fatti, meschinerie, sconfitte quotidiane, che accompagnano sempre l’individuo sullo sfondo dello scacco sonoro finale che non può essere evitato: la morte.
Per una diversa teoria del romanzo (ma di una teoria ormai del tutto in via di essere dimenticata) bisogna rivolgersi al Meister di Goethe e all’Estetica di Hegel.
Joyce e Musil sono stati i due romanzieri della modernità che più di tutti hanno cercato di svincolare il romanzo dalla parabola dell’individuo.
Joyce lo ha fatto attraverso il mito, Musil attraverso la saggistica.
Rimane il problema fondamentale, che nel romanzo riguarda la posizione dell’individuo. Quattro forme diverse appaiono essere state praticate:
– Il romanzo nasce come una finzione della storiografia; l’individuo non occupa la posizione di soggetto: è la fase iniziale del romanzo.
– Il romanzo diventa il punto di vista del soggetto, e il soggetto sfuma nella fenomenologia esistenzialista della vita quotidiana: è il romanzo realista.
– Il romanzo accetta l’individuo come suo perno, ma lo utilizza in quanto punto di fuga verso il mito (Joyce) o verso la filosofia (Musil).
– Il romanzo accetta l’individuo, ma lo spoglia della verità esistenzialista e lo considera come “pedina di gioco” dell’impacciato gioco dell’oca zoppa: è la possibilità del romanzo post-moderno.
Il romanzo è la rotabile che a poco a poco si disperde negli intricati deserti artificiali della modernità. È un peccato che Heidegger non abbia affrontato la struttura del romanzo così come ha affrontato la poesia.