La terra alleviata

«Il maggior numero possibile di ariani avrebbe dovuto [durante la Germania nazista] incarnare lo spirito iperboreo, facendo crescere il raggio del Cerchio (Lebensraum, Spazio Vitale), in modo da non lasciare nella terra ormai rigenerata – nuovamente terra spiritualizzata del Gral – spazio per l’antirazza giudaica, né per l’animale-uomo, il robot, lo schiavo dell’Atlantide. Questi sarebbero restati, o periti, con la terra materiale del Demiurgo.» (p. 811).
Qui abbiamo il principio della soppressione delle razze inferiori come imposto per natura dalla terra ormai rigenerata, indipendentemente da una volontà esterna.
Serrano ha sempre respinto le accuse di genocidio a carico del nazismo. Nella stessa opera segnalava, poco dopo, come, nei campi di concentramento nazisti, non ci fosse niente di sinistro, ma come servissero, anch’essi, a una trasformazione (p. 812).
Tuttavia, l’ipotesi della rigenerazione della terra conduce a una inabitabilità della terra da parte delle razze inferiori.
Dalla terra rigenerata di Miguel Serrano alla terra alleviata di Dumézil. Sullo sfondo c’è sempre la grande battaglia che rigenera, cambiando anche il modo di pensare.
Ma dalle pagine dei libri, mille parole innocenti sfiorano il mondo con occhi di giganti.

     M. Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2010.

Heidegger e il nazismo

La questione “Heidegger e il nazismo” non deve essere posta sulla base della adesione di Heidegger al nazismo, ma sulle sincronie possibili tra la teoria della fine della metafisica e il nazismo. La teoria della fine della metafisica indicava uno spostamento del pensiero, che dalla ubicazione in un mondo al di là del mondo, per usare la frase di Nietzsche, veniva a posarsi sulla terra in un modo sino ad allora al di là del pensiero.
Ma questa azione smascherava in automatico il mondo ebraico latino alla base dell’epoca della metafisica e poneva il mondo germanico come base della nuova epoca. L’azione della teoria di Heidegger viene così a convergere con alcuni tratti del nazismo, ed è su questo che bisognerebbe dirigere l’analisi.
La nostra epoca è l’epoca che vede lo scontro tra civiltà latina e civiltà germanica. È appunto tale scontro ciò che permette di accedere all’epoca della fine della metafisica nella sua integrità.
Quindi, più che di “Heidegger e il nazismo”, si dovrebbe parlare di “il pensiero di Heidegger e il pensiero dell’ideologia nazista”, o meglio ancora: “il pensiero di Heidegger e lo svolgimento inevitabile del pensiero occidentale”.

Un’attività criminale

Un’attività criminale di cui si parla poco (e che nemmeno viene compresa tra le comuni attività normalmente intese come criminali) è l’insegnamento nel mondo della “lingua” e della “cultura italiana”. Passi in Italia, dove tale insegnamento è necessario per la malefica sopravvivenza di quello stato canaglia, ma la cosa ha un aspetto del tutto diverso nella restante parte del mondo.
Qui, infatti, la funzione criminale è diversamente, quanto disastrosamente, evidente. Si tratta di diffondere un qualcosa in grado di pervertire e di suscitare un imbastardimento definitivo. Allora l’azione è quella di un virus.
Culture ancora relativamente nazionali vengono imbastardite dalla diffusione di quella maledetta, tra tutte maledetta, cultura meticcia, tra tutte maledetta: la “cultura italiana”.
Infatti la “lingua italiana” è una lingua meticcia, così come la “cultura italiana” è una cultura meticcia. E i maledetti Italiani sono dei maledetti meticci. Insieme, questo bel mazzetto di elementi costituisce la crema della feccia indispensabile alla vita di ciò che è degenerato e rappresenta un apporto letale per la vita di ciò che, fino a quel momento, si era rivelato parzialmente immune (almeno) da quel meticciato.
A fianco della “lingua” e della “cultura italiana”, questo insegnamento trasporta un altro elemento, poiché di qualcosa di biforcuto si tratta sempre, quando si parla di quei maledetti Italiani, e forse di qualcosa ancora peggiore: lo stile italiano, il maledetto stile italiano, quella particolare, odiosa sfumatura che ha il meticcio italiano di gesticolare quando parla, di parlare quando gesticola, quei tratti da meticcio, quello schiocco e rotolio di suoni che ha la lingua italiana nella bocca del meticcio italiano. Tutto un apporto di feccia che fa di uno dei tanti meticci del mondo un meticcio particolare: appunto il meticcio italiano.
L’Italia è la più grande distesa di arte degenerata disponibile al mondo a cielo aperto e il paradiso, ancora inesplorato, dell’antropologia criminale.
Ci vorrebbe una legge per impedire la diffusione della “lingua italiana” e della “cultura italiana” nel mondo.
Dio stramaledica gli Italiani!

     Scrittore è chi fa con le parole la propria solitudine.
           Scrittore è chi sfoglia una lingua per chiamare sempre meno parole.
                La parola fa la solitudine dello scrittore.
           Scrittore è chi spoglia le lingue del mondo per un’alingua senza parola.
                La lingua fa la solitudine dello scrittore.
      Lo scrittore annida solitudine tra le parole del mondo.

Roma meticcia

Una nuova teoria della conoscenza dovrà porsi come meta non la ricerca della verità, ma la ricerca del disprezzo. O meglio: dovrà porsi una volta per tutte, e finalmente, la ricerca del senso del vero disprezzo come arma di conoscenza.

Considerando il libro Razza cilena di Nicolás Palacios, Miguel Serrano, in Adolf Hitler, l’ultimo Avatara,1 insiste su un punto fondamentale: in Cile non si può parlare di razza: «parlare nel Cile di razza, lo sappiamo, significa menzionare la corda in casa dell’impiccato.»2. Qualche pagina dopo, insiste: «Io non penso, infatti, che si possa parlare di una “razza cilena”. Vero che esiste, o esistette un marcato “spirito nazionale” presso di noi, influenzato dal paesaggio di questa terra mistica; ma una razza cilena non esiste e non esiterà mai. […] Ciò che c’è qui, o ci fu, è un “meticciato regolare”.».3 Nei suoi pochi secoli di vita, dal punto di vista razziale, il Cile non ha mai avuto scampo: «[…] perché mai ci fu una razza cilena. Ci fu solo un meticciato in decomposizione. Il suo ciclo si è compiuto.».4 Questa considerazione verrà ripresa anche a proposito della situazione del Cile con Allende e con Pinochet: in Cile c’è solo un meticciato. Tutte le vicissitudini del paese nascono da questa situazione: dal meticciato inevitabile del Cile.
Perché in Italia non si è mai avuta una riflessione del genere? Vale a dire: perché non si è mai affrontata la questione della composizione etnica in Italia in un modo così disincantato come ha fatto il grande Miguel Serrano per il suo Cile dei giganti?
A ben guardare, che cosa sono gli Italiani? Meticci, bastardi, degenerati. Non è solo una questione di pelle più facile ad abbronzarsi che in altri gruppi europei (i germanici, i celti, i baltici), o di un colorito leggermente diverso della pelle (che lo separa dai gruppi germanici, celti, baltici), ma è tutta una costituzione del corpo e del volto che lo dice, escludendolo dal gruppo di razza bianca. A fianco delle caratteristiche fisiche del meticcio, gli Italiani hanno anche le caratteristiche “spirituali” del meticcio: sono astuti, intriganti, infidi, arroganti, truffatori, violenti, traditori, poco intelligenti, ignoranti, meschini, rozzi. Perché non lo si è mai notato?
Semplice, perché in Italia non c’è mai stata, e mai può esserci, una ideologia rivolta alla razza. Il razzismo è tendere a un ideale con la consapevolezza di dover andare oltre. Prima che ad ogni altra cosa, oltre se stesso. Applicando il tema del grande disprezzo. La teoria del Superuomo lo insegna.
Julius Evola, in disaccordo con le teorie di Rosenberg, ha creato la teoria della razza del corpo e della razza dello spirito. Voleva così evitare di guardare in faccia gli Italiani? O, semplicemente, lo evitava? A ben guardare, che cosa si vede guardando in faccia gli Italiani, se non meticci, bastardi, degenerati?
Qualcuno, comunque, qualcosa ha notato: “La faccia, le forme corporali dei Cherokee sembrano confondersi completamente con quelle di non poche popolazioni italiane, quali i Calabresi. La fisionomia accentuata degli abitanti dell’Alvernia, soprattutto delle donne, è ben più lontana dal carattere comune delle nazioni europee di quanto non lo sia quella di molte tribù indiane dell’America del Nord”.5
Chi non ricorda la “romanizzazione” perseguita durante l’era fascista in Italia? Ma non c’è qualcosa che dovrebbe fare pensare? Veramente Roma poteva rappresentare un modello? Ancora adesso nessuno pensa di fare i conti con Roma. Quello tra Roma e l’ideologia della destra italiana è uno scintillante idillio a senso unico che il ricordo della “battaglia di Arminio” dovrebbe interrompere una volta per tutte. A Roma si deve l’inquinamento dell’antica civiltà germanica.
Qualunque discussione su Roma deve cominciare da questo punto d’inizio: Roma è stata, e non poteva che essere, la grande nemica di tutto ciò che era germanico. Dall’altro punto di vista, ciò che è germanico non poteva avere un nemico più insidioso e determinato. Del mondo indoeuropeo, Roma rappresenta infatti la frangia a brandelli. Una cosa analoga capiterà con la Grecia, sintomo che nel sud dell’Europa c’è qualcosa che non va. Georges Dumézil dovrà arrendersi di fronte alle difficoltà di far rientrare la civiltà classica nella mitologia comparata indoeuropea. Al massimo, si poteva avere una corrispondenza a livello linguistico. Ma niente di più. È proprio da questo dato di fatto che avrebbe dovuto iniziare un nuovo modo di pensare. Soprattutto da parte dell’ideologia di destra.
Il classicismo eredita da Roma l’ostilità verso il mondo germanico: le due cose non possono convivere. Roma soffoca il mondo germanico. «I dag kjenner mange mennesker i Norden gresk og romersk mytologi bedre enn den norrøne»:6 questo succede per colpa di Roma. Il romanticismo tedesco è stato anche una rivolta contro la supremazia della Grecia e di Roma. Se Roma distrugge il mondo germanico, il mondo germanico deve rivoltarsi contro Roma. Perché in Italia non si appoggia questa rivolta contro Roma?
Ma c’è un momento in cui gli Italiani sembrano guardarsi con attenzione in faccia, e quindi stupirsi, per la prima volta, di quello che vedono: quando uno di loro ha compiuto un crimine particolarmente efferato, oppure una truffa di straordinarie proporzioni; allora, qualunque Italiano che ne abbia visto la fotografia, e conosciuto i casi, dice sempre, in modo stupito, a qualcun altro con cui parla: “Ma lo ha visto in faccia?”
Eppure è la stessa faccia di tutti gli Italiani di sempre. La stessa faccia che parla di una sola cosa: di un meticciato, di un bastardume, di una degenerazione che, da molto tempo, vengono da molto lontano. Quanti volti di politici italiani non sono altro che un naso d’ebreo in un ceffo da zingaro? Ma quale Verfremdungseffekt lo indicherà mai?
Una attenzione sugli Italiani da questo punto di vista la si trova nei Discorsi a tavola di Martin Lutero.7 Ma poi c’è stato silenzio. Per questo motivo quel grande libro di Lutero andrebbe infinitamente apprezzato.
Perché un discorso di questo tipo non è mai stato fatto in Italia?

Lontano è il grande Cile dei giganti dalla piccola e brutta Italia, dove saltella l’Italopiteco. Solo l’Europa dovrà rispondere nel tempo che ha davanti alla domanda che si insinua nell’Europa: “Che cosa fare delle razze inferiori?”

 

1 M. Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2010.
2 Ivi, p. 574.
3 Ivi, p. 557.
4 Ivi, p. 604.
5 A. de Gobineau, Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane, Rizzoli, Milano 1997, p. 168.
6 G. Steinsland, Eros og død i norrøne myter, Universitetsforlaget, Oslo 1997.
7 M. Lutero, Discorsi a tavola, Giulio Einaudi Editore, Torino 1999.

Miguel Serrano, la terra, la fine della metafisica

Miguel Serrano: «Ogni aristocrazia terrestre è un tema di razza, di etnia.» (Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2010, II vol., p. 423).
Il giudeo «odia la natura» (ibid.), e non ha alcuna predisposizione per l’agricoltura. Il campo dove riesce meglio è la finanza, la creazione e la direzione di banche. È questo il mezzo con cui i giudei aumentano il loro potere e causano il crollo delle società presso le quali si installano.
Se ne deduce una tendenza all’astrazione da parte di questa razza, e, insieme, una ideologia dello sradicamento: il giudeo odia la terra, non la vuole lavorare e non la vuole sentire sotto di sé.
L’aristocrazia è invece legata alla terra; deve poggiare sulla terra.
Tutto il pensiero giudaico-cristiano può essere il risultato di una simile astrazione, e prima ancora di uno sradicamento dalla terra: non voler riconoscere la terra sotto di sé, sfuggire in un mondo di concetti astratti e maneggiare solo quelli, come nella gestione di una banca. Per gli stessi motivi, ne consegue, questo pensiero è anche un pensiero ostile a ogni aristocrazia.
Potrebbe riconoscersi qui l’epoca della metafisica come descritta da Heidegger. La fine della metafisica sarebbe il riconoscimento di una terra sotto di sé. Ma questo comporta una terra diversa, cioè diversa dalla terra giudaico-latina che era stata ripudiata da quel pensiero. E questa nuova terra sarà la terra dell’aristocrazia germanica.
L’Hitlerismo Esoterico di Miguel Serrano e la fine della metafisica di Heidegger possono essere collegati come un richiamo alla terra (la nuova epoca che deve arrivare) e come un segnale di ciò che non ha terra (il pensiero giudaico-cristiano). Il tema di “ciò che non ha terra” e di “ciò che richiama a una terra” sarebbe così un tema che insiste nella catena della nostra modernità.