Bach e l’arische Männerbund

Nelle Passioni di Bach Gesù è visto come il Capo di una arische Männerbund. Gli apostoli costituiscono la scorta addomesticata di un tale Capo. La musica esprime il dolore per la perdita del Capo. Un confronto con questa musica potrebbe partire dal Lamento di Deor. Nelle Passioni Bach crea una musica che cambia sempre, ma questo era appunto quello che doveva nascere nella civiltà germanica.
Se Wagner fosse partito dalle Passioni di Bach? Óðinn come Gesù (cioè come divinità legata all’amore). Wagner doveva depurare la scelta di Bach: cristianesimo e latinizzazione della melodia.
Notare che Wagner è passato dal cristianesimo (di Bach) alla mitologia germanica e, riconoscendo in essa un pensiero, alla filosofia di Schopenhauer e al buddhismo.

Il numero dodici ricorreva spesso nell’antica civiltà germanica con una certa importanza, indipendentemente dal cristianesimo. La stessa numerazione era in base dodici. Dodici erano molte volte i componenti delle bande di guerrieri o di berserkir di cui parlano le saghe islandesi. È un peccato che manchi uno studio in proposito. Ecco alcuni esempi tratti dalla Egils saga:
Dodici sono i berserkir che prendono parte alla battaglia di Hafrsfjörðr (cap. 9).
Quando Skalla-Grímr, padre di Egill, fa visita a re Haraldr per dirgli che non ha intenzione di essere suo sottoposto, prende con sé undici persone, costituendo così un gruppo di dodici (cap. 25).
Nel capitolo 46, durante una spedizione vichinga in Kúrland, Egill si trova separato dal fratello insieme a dodici compagni.
Nel capitolo 55, Egill è accolto da Arinbjörn in inverno insieme a dodici compagni.
Nel capitolo 57, quando Egill parte per uccidere Berg-Önundr, è accompagnato da undici compagni, mentre altri sei restano a sorvegliare la nave.

Egils saga Skalla-Grímssonar, Íslenzk fornrit, Reykjavík 1988.

Il gaucho di Borges

Da qualche parte Borges fa l’ipotesi di un possibile personaggio consistente in un gaucho che ha letto Platone. I gauchos non leggono Platone, tuttavia, un singolo gaucho, per caso, potrebbe leggerlo e questo renderebbe plausibile un tale personaggio.
Il testo in cui un tale personaggio potrebbe agire (racconto o romanzo) dovrebbe allora presentare il caso dell’unico gaucho che legge Platone.
Una teoria basata sul realismo socialista chiederebbe ragione sulla necessità di creare un tale personaggio. “Se i gauchos non leggono Platone, perché immaginare un gaucho che legge Platone?” Il singolo gaucho che legge Platone non è un fatto tipico e, a peggiorare la situazione, ci sarebbe la constatazione che, dalla lettura di Platone, il singolo gaucho non otterrebbe nulla in quanto a coscienza di classe e nemmeno tale lettura inciderebbe sulla specifica lotta di classe portata avanti da tutti i gauchos.
Un tale personaggio sarebbe ingombrante anche per una teoria estranea al realismo socialista. Ci sarebbe infatti da chiedersi come e perché questo benedetto gaucho legga Platone. Se il fatto di leggere Platone da parte di questo personaggio fosse appena importante, esso dovrebbe costituire il tema di tutto il romanzo o racconto che fosse, e tutti i dettagli della narrazione sarebbero in funzione di tale bislacca scelta. Esso dovrebbe quindi costituire il tema centrale della narrazione. Se questo fatto fosse invece liquidato in una sola riga, questa riga striderebbe talmente con tutto il resto, che esso apparirebbe in funzione di quella riga, finendo così di nuovo per costituire il tema centrale della narrazione.
Parafrasando il linguaggio della Gestalt, si potrebbe dire che siamo in presenza di una segregazione delle forme di tipo psicologico, cioè delle costanti psicologiche.
Per risolvere la situazione bisogna pensare a una costruzione del personaggio non in base a una forza centripeta, inclusiva rispetto al personaggio, ma ad una forza centrifuga, elusiva rispetto al personaggio. Stabilito quindi il personaggio, consistente in un nome casuale, due serie sarebbero in questo caso possibili. Una serie farebbe capo alla variabile “gaucho“, l’altra alla variabile “Platone” (infatti, questi elementi, non sarebbero altro che variabili). Entrambe le serie potrebbero espandersi in sottoserie, e una serie dovrebbe riguardare la narrazione (romanzo o racconto che sia). Ma in nessun caso le serie potrebbero finire per ricongiungersi nella stabilità di un personaggio. Il personaggio sarebbe solo il casuale punto di fuga di serie che non si ricongiungono. Nemmeno il nome lo determinerebbe in modo univoco. Il nome sarebbe una serie inglobante serie di nomi possibili e di tutti i nomi della storia. Questo perché quando un nome è solo un caso, allora ogni nome è tutti i nomi della storia.
Gli elementi ci sono tutti: il gaucho da una parte e Platone dall’altra. Manca l’elemento impossibile: che solo un gaucho, tra tutti i gauchos della terra, legga Platone.

Un verso di Pound

«Let the Gods forgive what / I have made»

Gli dèi devono perdonare quello che il poeta ha costruito

1. Carattere nefasto del costruire.
2. Il poeta come colui che deve solo dare impulso a cose sempre fra loro diverse, astenendosi dal costruire.
3. Goethe su Hafis: «Daß du nicht enden kannst, das macht dich groß, / Und daß du nie beginnt das ist dein Lost». L’età di Pound di Hugh Kenner è un grandissimo libro che non ha nulla a che vedere con Deleuze, ma che può essere inglobato nel metodo seriale di Deleuze. Il personaggio Pound non è costruito nel libro come meta finale di una biografia. Ogni capitolo lancia delle serie, nelle quali Pound è implicato in un modo sempre diverso. Pound è soltanto il punto di partenza di serie che non hanno punto di incontro. Differenze e ripetizioni.
4. Il “non costruire” come abbandono all’arte del divenire.
5. Il poeta come testimone del silenzio.
6. Il poeta può solo segnalare qualcosa che si avvicina. Il carattere di questo qualcosa è al di là della rappresentazione.
7. Lo scarto segna la caduta del poeta nella parola, ciò che gli dèi devono perdonare.

 

 

E. Pound, I Cantos, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1985 [Lascia che gli Dei perdonino quel / che ho costruito (trad. di Mary de Rachewiltz, p. 1493)].
J.W. Goethe, Il divano occidentale-orientale, Rizzoli, Milano 1990 [Non potere finire / ti rende grande. Non cominciare mai / è il tuo destino. (trad. di Ludovica Koch, p. 115)].
H. Kenner, L’età di Pound, Il Mulino, Bologna 2000.

Lacoste

C’è qualcosa di perverso nell’impulso allo studio. Senza volontà di fare a pezzi non c’è attività di studio. Lacoste: sogno di una antropologia della Terra della sera. Come in una biblioteca, riunire i campioni delle razze che portano al piacere della classificazione. Béla Bálasz diceva che uno dei meriti del cinema sarebbe stato quello di fare conoscere i volti delle razze più lontane e diverse. Il cinema ha fatto conoscere solo i volti tutti uguali e belli dei divi. Sono tutti belli i volti degli uomini, ma senza volontà di fare a pezzi l’oggetto dello studio non c’è attività di studio. C’è qualcosa di perverso nell’impulso allo studio. Ricordi ancora la poesia che Gilbert Lély ha dedicato a Lacoste?
Mancano i veri studiosi, i fanatici che vivono solo per la perversione dello studio; non le cavie (nell’epoca del mondo in cui le distanze si sono per magia contratte, non mancano mai le cavie).
Quando la classificazione è completa, passare alla eliminazione degli oggetti dello studio. Come fenomeno umano, un degenerato merita lo stesso interesse di una qualsiasi altra forma umana. Ma come forma degenerata, il singolo degenerato deve poi essere soppresso. Avere molto materiale a disposizione per i propri studi sconcerta lo studioso, lo fa delirare fino ad abbandonare la via giusta. Lo diceva Robert J. Lifton a proposito di Mengele. Mengele come il signore delle parole che soggiace alla sfida della totalità? La sfida che la letteratura pone al nuovo autore è di leggere tutti i libri del mondo e scriverne uno che li contenga tutti. In cosa ha fallito Mengele? Perché studiare il criminale, se non per potere poi, alla fine, eliminarlo? Non è la soppressione del degenerato ciò che pone fine all’ansia di conoscere irrimediabilmente tutto?
Non è l’attenzione a ciò che è degenerato la perversione dello studio? e non è la eliminazione del degenerato ciò che inaugurerà una forma diversa di conoscenza e uno studio privo dell’ansia di conoscere tutto?
Lacoste: il dominio ereditario. Silling: l’Enciclopedia al servizio dell’impulso estetico. Auschwitz: lo schiaffo ai pregiudizi moderni.
(La poesia rende liberi.)

Compito del poeta

Compito del poeta è rendere vere le parole della lingua. Per disposizione naturale egli è un cacciatore di parole moribonde. Appare sempre quando la lingua è nel punto del suo massimo pericolo. Le parole che non suonano più come vere sono parole che nascondono terre che una comunità ha imparato a disabitare. Capita così che il poeta faccia la parte di un criminale, di un lanciatore di parole eversive, di un terrorista del pensiero.