Un’attività criminale

Un’attività criminale di cui si parla poco (e che nemmeno viene compresa tra le comuni attività normalmente intese come criminali) è l’insegnamento nel mondo della “lingua” e della “cultura italiana”. Passi in Italia, dove tale insegnamento è necessario per la malefica sopravvivenza di quello stato canaglia, ma la cosa ha un aspetto del tutto diverso nella restante parte del mondo.
Qui, infatti, la funzione criminale è diversamente, quanto disastrosamente, evidente. Si tratta di diffondere un qualcosa in grado di pervertire e di suscitare un imbastardimento definitivo. Allora l’azione è quella di un virus.
Culture ancora relativamente nazionali vengono imbastardite dalla diffusione di quella maledetta, tra tutte maledetta, cultura meticcia, tra tutte maledetta: la “cultura italiana”.
Infatti la “lingua italiana” è una lingua meticcia, così come la “cultura italiana” è una cultura meticcia. E i maledetti Italiani sono dei maledetti meticci. Insieme, questo bel mazzetto di elementi costituisce la crema della feccia indispensabile alla vita di ciò che è degenerato e rappresenta un apporto letale per la vita di ciò che, fino a quel momento, si era rivelato parzialmente immune (almeno) da quel meticciato.
A fianco della “lingua” e della “cultura italiana”, questo insegnamento trasporta un altro elemento, poiché di qualcosa di biforcuto si tratta sempre, quando si parla di quei maledetti Italiani, e forse di qualcosa ancora peggiore: lo stile italiano, il maledetto stile italiano, quella particolare, odiosa sfumatura che ha il meticcio italiano di gesticolare quando parla, di parlare quando gesticola, quei tratti da meticcio, quello schiocco e rotolio di suoni che ha la lingua italiana nella bocca del meticcio italiano. Tutto un apporto di feccia che fa di uno dei tanti meticci del mondo un meticcio particolare: appunto il meticcio italiano.
L’Italia è la più grande distesa di arte degenerata disponibile al mondo a cielo aperto e il paradiso, ancora inesplorato, dell’antropologia criminale.
Ci vorrebbe una legge per impedire la diffusione della “lingua italiana” e della “cultura italiana” nel mondo.
Dio stramaledica gli Italiani!

     Scrittore è chi fa con le parole la propria solitudine.
           Scrittore è chi sfoglia una lingua per chiamare sempre meno parole.
                La parola fa la solitudine dello scrittore.
           Scrittore è chi spoglia le lingue del mondo per un’alingua senza parola.
                La lingua fa la solitudine dello scrittore.
      Lo scrittore annida solitudine tra le parole del mondo.

Roma meticcia

Una nuova teoria della conoscenza dovrà porsi come meta non la ricerca della verità, ma la ricerca del disprezzo. O meglio: dovrà porsi una volta per tutte, e finalmente, la ricerca del senso del vero disprezzo come arma di conoscenza.

Considerando il libro Razza cilena di Nicolás Palacios, Miguel Serrano, in Adolf Hitler, l’ultimo Avatara,1 insiste su un punto fondamentale: in Cile non si può parlare di razza: «parlare nel Cile di razza, lo sappiamo, significa menzionare la corda in casa dell’impiccato.»2. Qualche pagina dopo, insiste: «Io non penso, infatti, che si possa parlare di una “razza cilena”. Vero che esiste, o esistette un marcato “spirito nazionale” presso di noi, influenzato dal paesaggio di questa terra mistica; ma una razza cilena non esiste e non esiterà mai. […] Ciò che c’è qui, o ci fu, è un “meticciato regolare”.».3 Nei suoi pochi secoli di vita, dal punto di vista razziale, il Cile non ha mai avuto scampo: «[…] perché mai ci fu una razza cilena. Ci fu solo un meticciato in decomposizione. Il suo ciclo si è compiuto.».4 Questa considerazione verrà ripresa anche a proposito della situazione del Cile con Allende e con Pinochet: in Cile c’è solo un meticciato. Tutte le vicissitudini del paese nascono da questa situazione: dal meticciato inevitabile del Cile.
Perché in Italia non si è mai avuta una riflessione del genere? Vale a dire: perché non si è mai affrontata la questione della composizione etnica in Italia in un modo così disincantato come ha fatto il grande Miguel Serrano per il suo Cile dei giganti?
A ben guardare, che cosa sono gli Italiani? Meticci, bastardi, degenerati. Non è solo una questione di pelle più facile ad abbronzarsi che in altri gruppi europei (i germanici, i celti, i baltici), o di un colorito leggermente diverso della pelle (che lo separa dai gruppi germanici, celti, baltici), ma è tutta una costituzione del corpo e del volto che lo dice, escludendolo dal gruppo di razza bianca. A fianco delle caratteristiche fisiche del meticcio, gli Italiani hanno anche le caratteristiche “spirituali” del meticcio: sono astuti, intriganti, infidi, arroganti, truffatori, violenti, traditori, poco intelligenti, ignoranti, meschini, rozzi. Perché non lo si è mai notato?
Semplice, perché in Italia non c’è mai stata, e mai può esserci, una ideologia rivolta alla razza. Il razzismo è tendere a un ideale con la consapevolezza di dover andare oltre. Prima che ad ogni altra cosa, oltre se stesso. Applicando il tema del grande disprezzo. La teoria del Superuomo lo insegna.
Julius Evola, in disaccordo con le teorie di Rosenberg, ha creato la teoria della razza del corpo e della razza dello spirito. Voleva così evitare di guardare in faccia gli Italiani? O, semplicemente, lo evitava? A ben guardare, che cosa si vede guardando in faccia gli Italiani, se non meticci, bastardi, degenerati?
Qualcuno, comunque, qualcosa ha notato: “La faccia, le forme corporali dei Cherokee sembrano confondersi completamente con quelle di non poche popolazioni italiane, quali i Calabresi. La fisionomia accentuata degli abitanti dell’Alvernia, soprattutto delle donne, è ben più lontana dal carattere comune delle nazioni europee di quanto non lo sia quella di molte tribù indiane dell’America del Nord”.5
Chi non ricorda la “romanizzazione” perseguita durante l’era fascista in Italia? Ma non c’è qualcosa che dovrebbe fare pensare? Veramente Roma poteva rappresentare un modello? Ancora adesso nessuno pensa di fare i conti con Roma. Quello tra Roma e l’ideologia della destra italiana è uno scintillante idillio a senso unico che il ricordo della “battaglia di Arminio” dovrebbe interrompere una volta per tutte. A Roma si deve l’inquinamento dell’antica civiltà germanica.
Qualunque discussione su Roma deve cominciare da questo punto d’inizio: Roma è stata, e non poteva che essere, la grande nemica di tutto ciò che era germanico. Dall’altro punto di vista, ciò che è germanico non poteva avere un nemico più insidioso e determinato. Del mondo indoeuropeo, Roma rappresenta infatti la frangia a brandelli. Una cosa analoga capiterà con la Grecia, sintomo che nel sud dell’Europa c’è qualcosa che non va. Georges Dumézil dovrà arrendersi di fronte alle difficoltà di far rientrare la civiltà classica nella mitologia comparata indoeuropea. Al massimo, si poteva avere una corrispondenza a livello linguistico. Ma niente di più. È proprio da questo dato di fatto che avrebbe dovuto iniziare un nuovo modo di pensare. Soprattutto da parte dell’ideologia di destra.
Il classicismo eredita da Roma l’ostilità verso il mondo germanico: le due cose non possono convivere. Roma soffoca il mondo germanico. «I dag kjenner mange mennesker i Norden gresk og romersk mytologi bedre enn den norrøne»:6 questo succede per colpa di Roma. Il romanticismo tedesco è stato anche una rivolta contro la supremazia della Grecia e di Roma. Se Roma distrugge il mondo germanico, il mondo germanico deve rivoltarsi contro Roma. Perché in Italia non si appoggia questa rivolta contro Roma?
Ma c’è un momento in cui gli Italiani sembrano guardarsi con attenzione in faccia, e quindi stupirsi, per la prima volta, di quello che vedono: quando uno di loro ha compiuto un crimine particolarmente efferato, oppure una truffa di straordinarie proporzioni; allora, qualunque Italiano che ne abbia visto la fotografia, e conosciuto i casi, dice sempre, in modo stupito, a qualcun altro con cui parla: “Ma lo ha visto in faccia?”
Eppure è la stessa faccia di tutti gli Italiani di sempre. La stessa faccia che parla di una sola cosa: di un meticciato, di un bastardume, di una degenerazione che, da molto tempo, vengono da molto lontano. Quanti volti di politici italiani non sono altro che un naso d’ebreo in un ceffo da zingaro? Ma quale Verfremdungseffekt lo indicherà mai?
Una attenzione sugli Italiani da questo punto di vista la si trova nei Discorsi a tavola di Martin Lutero.7 Ma poi c’è stato silenzio. Per questo motivo quel grande libro di Lutero andrebbe infinitamente apprezzato.
Perché un discorso di questo tipo non è mai stato fatto in Italia?

Lontano è il grande Cile dei giganti dalla piccola e brutta Italia, dove saltella l’Italopiteco. Solo l’Europa dovrà rispondere nel tempo che ha davanti alla domanda che si insinua nell’Europa: “Che cosa fare delle razze inferiori?”

 

1 M. Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2010.
2 Ivi, p. 574.
3 Ivi, p. 557.
4 Ivi, p. 604.
5 A. de Gobineau, Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane, Rizzoli, Milano 1997, p. 168.
6 G. Steinsland, Eros og død i norrøne myter, Universitetsforlaget, Oslo 1997.
7 M. Lutero, Discorsi a tavola, Giulio Einaudi Editore, Torino 1999.

Perché rileggere “Delitto e castigo”

1. La creazione letteraria di una suspense [Falsità letteraria]
2. La simpatia per il criminale [Falsità sociologica]
3. Il ragionamento che gira a vuoto sull’arte del ragionare [Falsità filosofica]
4. La creazione del personaggio di legge che incastra il criminale con un metodo paradossale [Falsità psicologica]

Quattro falsità.
Ma perché questo romanzo è così inevitabile? Perché dimostra in modo magistrale il predominio di una degenerazione dell’arte in Europa e il predominio di una razza degenerata in Europa. Tale predominio si è infine sviluppato a mentalità comune. Dimostra inoltre il predominio di una degenerazione nella letteratura, nella sociologia, nella filosofia, nella psicologia.

Punto 1:
Il lettore dipende passo per passo da ciò che è scritto. Lo scrittore allaccia il lettore e ne controlla le reazioni con i suoi micro colpi di scena: è “letteratura” al livello più basso. L’azione è dilatata in un modo spropositato. Non è che lo scrittore sprechi il tempo, ma lo dilata. È la tecnica delle soap-opera.
Punto 4:
La narrativa poliziesca e il cinema svilupperanno personaggi a partire da questo tipo. È la fabbrica dei personaggi.

Sullo sfondo, il teatro. Bisognerebbe poi precisare, a partire da questo romanzo, la tecnica teatrale utilizzata da Dostoevskij nei suoi romanzi. Il testo, in alcuni momenti, sembra descrivere ciò che avviene su un palcoscenico.
(Precisare: come si manifesta la tecnica teatrale? per es. l’entrata in scena dei personaggi, i loro movimenti sul palco-città, ecc.) Perché il teatro entra così platealmente nella struttura del romanzo?

Allora che cosa si aggira per l’Europa, nella domanda che coinvolge il tempo da Dostoevskij a Šostakovič?

L’ansia revisionistica

Il revisionismo sembra afflitto da una specie di ansia consistente nel voler dimostrare che i nazisti non hanno commesso i genocidi di cui comunemente li si accusa. Forse anche nell’ambiente variegato della destra si tende sempre più a vedere i nazisti come bravi ragazzi di un lontano tempo da poco passato. Probabilmente, è una tendenza dovuta ai brutti tempi. Brutti tempi che spingono verso una democratizzazione generale delle idee.
Il nazismo ha avuto l’importanza di parlare apertamente di razze inferiori e di razze superiori e di costruire un sistema ideologico e politico fondato su questa divisione. Per la prima volta il concetto cristiano di uguaglianza se la passava male. Il nazismo è stato un fenomeno contraddittorio, ma in qualcosa ha invertito una tendenza, individuando dove ancora poteva essere possibile una rivolta contro i pregiudizi del mondo moderno. Da qui l’altra domanda: chi vuole veramente opporsi, oggi, a questi pregiudizi? Infatti la questione si poneva, allora, in un modo irrecuperabile per l’oggi. Questa questione suona: che cosa fare delle razze inferiori? Una cosa o l’altra poteva essere fatta. Irrecuperabile? Se non nella pratica, almeno nel pensiero se ne dovrebbe tentare il recupero. Per la prima volta il cristianesimo sembrava non avere più l’importanza ideologica di sempre nelle lande dell’Occidente. Secondo il modo di pensare comune, spetta all’ideologia di sinistra la fama di pensiero d’opposizione al cristianesimo. La verità storica può segnalare le battaglie intraprese dai vari stati socialisti per affossare il cristianesimo. Ma il socialismo si basa sullo stesso principio del cristianesimo: l’uguaglianza. Il nazismo rimuoveva alla base questo principio.
Luca Leonello Rimbotti ha scritto un libro interessante sulle caratteristiche del nazismo. Caratteristiche affrontate da un punto di vista del tutto anticonformista: Il mito al potere (Edizioni Il Settimo Sigillo, Roma 1992). Il sottotitolo ha caratteristiche ancora più moleste: Le origini pagane del nazionalsocialismo. Il revisionismo parte dal principio di stabilire la verità storica. Si può dire, in fin dei conti, che sia una cosa tanto importante, la verità storica? Si ha il sospetto che questo mirare a una verità storica obiettiva nasconda una diffusa timidezza: assolvere per non schierarsi. Se il rischio fosse di perdere di vista quello che il nazismo ha rappresentato di nuovo radicalmente? Forse l’importante non è stabilire che cosa il nazismo abbia o non abbia fatto, quanto accettare quello che sarebbe stato possibile fare a partire da una ideologia come l’ideologia nazista. Alla verità storica bisognerebbe allora accostare il vertice del “verosimile” come categoria che qualunque storia porta sempre con sé e valutare non solo in base a quello che si è stati capaci di fare, ma anche in base a quello che non si è stati in grado di fare, ma che giaceva come un sogno appena sbocciato nelle lagune del progetto.