Un leggero imbarazzo

In Sintesi di dottrina della razza (Hoepli, Milano 1941) Evola intende contrapporsi alla teoria nazista della razza, colpevole, secondo lui, di privilegiare il dato biologico a scapito di quello intellettuale. La razza dovrebbe così essere studiata da tre punti di vista:
     del corpo (campo di studi dell’antropologia);
     dell’anima (campo di studi della fisiognomica);
     dello spirito (campo di studi della scienza della Tradizione).
«Una perfetta trasparenza della razza come corpo, anima e spirito costituirebbe la razza pura».

Miguel Serrano risponde indirettamente a questa teoria in Adolf Hitler: l’ultimo Avatara: «Anche se si potrebbe accettare come un comodo elemento di esposizione la teoria delle razze dell’anima e dello spirito, di Evola e Clauss, alla fine non si rende necessaria, complicando unicamente le cose, servendo per parlare di razzismo tra genti troppo mescolate e popoli meticci, senza arrivare a ferire i loro sentimenti, giacché un mulatto, o un indio, tra noi potrà sempre pensare che sebbene il suo corpo sia di colore, la sua anima potrebbe non esserlo. Nasce il sospetto che tutto fosse stato inventato da Evola per parlare di razza agli italiani del sud ed allo stesso Mussolini.»

Questi testi sembrano ruotare intorno a una questione che non viene mai affrontata esplicitamente. Sono scritti come per “mettere le mani avanti”. Eppure ruotano intorno a una questione, e meno si ha a che fare con pregiudizi soliti, più si comincia a percepirne appena il sussurrio: “Sono di razza bianca? Sono veramente di razza bianca… gli Italiani?”

J. Evola, Sintesi di teoria della razza, Edizioni di Ar, Padova 1978, p. 49.
M. Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, Edizioni Settimo Sigillo, 2 voll., Roma 2010, I vol., p. 120.

150 anni insieme

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Musica primitiva

La musica degli Italiani è un esempio di musica primitiva. “Primitivo” definisce qui non ciò che è all’origine, ma ciò che suona sempre come degenerato. Si pensi alla musica di Vivaldi, Rossini, Verdi, Puccini: in questa musica c’è sempre un qualcosa di fastidiosamente primitivo. Lo si nota nel ritmo e nell’orchestrazione.
Nell’Estetica di Hegel si riporta un giudizio molto preciso a proposito della musica di Rossini (può essere esteso a tutta la musica italiana): «un vuoto solletico dell’orecchio».
La musica di Šostakovič è una musica che non risuona mai vuota. Richiama altre musiche. È una musica che suona come già ascoltata.
Se si considera che ha la strana caratteristica di ricordare il cancan, si carpisce qualcosa di più della modernità: Orfeo nell’Inferno dell’arte degenerata.
La musica di Šostakovič è stata considerata nella sua specificità di formarsi come musica in grado di richiamare altre musiche.
In Šostakovič il cancan è sempre dietro l’angolo. Si ascolti l’Allegro della Decima sinfonia.
La sua musica è la mummia della musica occidentale. La musica di Šostakovič non è solo lo spettro che si aggira per l’Europa, ma è soprattutto la mummia che ballonzola, con andatura di Golem, per l’Europa.
La Settima (Leningrad), l’Ottava e la Nona costituiscono un gruppo omogeneo e una specie di Trilogia della Guerra. Sono composte nel periodo della seconda guerra mondiale. La Settima è dominata dalla marcia del primo tempo. L’Ottava, composta nel 1943, è la più drammatica, ma i due Allegretti contengono ritmi ironici e grotteschi. La Nona, composta nel 1945, dura poco meno di mezz’ora, è in cinque movimenti e allude a Rossini e Offenbach. Il primo tempo ricorda, però, Mahler. Il gruppo delinea qualcosa di strano: marcetta, dramma, celebrazione grottesca.

G.W.F. Hegel, Estetica, 2 voll., Einaudi Editore, Torino 1997, vol. II, p. 1061.
Ch.F. Gibbs, “The Phenomenon of the Seventh”: A Documentary Essay on Shostakovich’s “War” Symphony, in L.E. Fay (ed.), Shostakovich and his World, Princeton University Press, Princeton, New Jersey 2004 (pp. 103-4).
Per essere precisi, con musica primitiva si intende una musica assolutamente in grado di fare a meno del pensiero.

Una conquista del pensiero

Certezze acquisite in tutta un’epoca nascondono invece delle mancanze del pensiero.
Quest’epoca moderna ha cancellato molti divieti: si può parlare pubblicamente di alcune scelte dell’individuo, fino ad allora considerate estreme, senza rischiare. L’omosessualità, la droga, la criminalità sono temi accettati ormai nell’ambito delle possibili scelte estreme praticate dall’individuo proprio perché ad esso pertinenti in modo imprescindibile. Ma c’è un insieme di temi che non ammette accoglienza e che viene censurato subito: quell’insieme che comprende l’ammissione della disuguaglianza tra le razze, l’accettazione di questa differenza e il rifiuto di volerla combattere, e che quindi fa capo alla possibilità di trattare (nella ideologia e nella pratica) certi gruppi umani come elementi sostanzialmente indegni di vivere. In tutto questo c’è appunto qualcosa che ripugna alla mentalità moderna e che fa scattare la tanto aborrita (alla mentalità moderna) repressione.
Contrariamente a quanto si pensa, intaccare questo divieto estremo può servire ad aprire la mente: soprattutto ad aprirla verso una nuova direzione.
Il pregiudizio si annida sempre tra la banalità e inizia a dissolversi quando si avverte il peso della vergogna della quotidianità. Quanti nuovi pensieri e ideologie sorgerebbero, se questi divieti crollassero? Il pensiero è prima di tutto terra dove abitare.
Ma c’è una questione da affrontare: come gestire la pericolosità che un tale progetto comporterebbe? Il gioco delle idee varrebbe finalmente la pena del lavoro dei piccoli massacri che sarebbero da compiere?
Va da sé che per l’uomo sarebbe utile vedere a faccia a faccia un simile pericolo, cioè un pensiero che sfiorasse la possibilità della soppressione di una parte dell’umanità. Proprio qui sarebbe da riconoscere la nuova conquista del pensiero. In fondo, la cosa fondamentale è che il pensiero si evolva: che questo avvenga a scapito degli uomini è il modo migliore per evitare il sedimento della banalità dei pregiudizi. Il logico punto d’incontro sarebbe allora la volontà di estinzione, la tranquilla accettazione che la sopravvivenza dell’uomo non sia l’obiettivo da raggiungere ad ogni costo.

En ny Hermann

Io insegno il disprezzo verso tutto ciò che è italiano come scorciatoia maestra per il disprezzo verso tutto ciò che è degenerato.
Mi auguro che in un futuro prossimo Mein Kampf il ricordo del primo incontro con un Italiano in Europa venga riportato negli stessi termini con i quali, nell’attuale Mein Kampf, il ricordo del primo incontro con un Ebreo in Europa è riportato e lasciato nel tempo.
E poi che questo comporti tutte le inevitabili e fatali conseguenze. Dio stramaledica gli Italiani!