Nell’epoca del completo dominio di tutte le risorse della terra, e quindi del completo dominio della Terra stessa, il “tabù del genocidio” dovrebbe essere avvertito come qualcosa di antiquato e di imbarazzante, tale da suonare solo come un fossile della (più o meno in via di conclusione) epoca cristiana. L’uomo dovrebbe così ora solo accorgersi – ora più che mai, perché ora o mai più – di avere il sogno di una cosa.
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Estinzione
Deve essere in Estinzione… Thomas Bernhard parla di «letteratura da funzionari» a proposito di Thomas Mann e di Musil. Il resto è Italia di merda.
Razze inferiori e rappresentazione
In Heliopolis Ernst Jünger rappresenta l’era delle macchine nell’aspetto di un’era ancora contrassegnata da una certa gentilezza verso i suoi abitanti.
Coerentemente, questo romanzo del 1949 richiama – leggendolo adesso – atmosfere di una scenografia steampunk.
Jünger parla di razze inferiori e di globale degenerazione, il tutto racchiuso in un “modello” esteticamente funzionante: la città di Heliopolis e la fluttuante e archetipica paleogeografia cui fa riferimento Heliopolis.
A partire da questo romanzo è possibile intravedere una dissociazione dello strumento: una letteratura (adesso dichiaratamente steampunk) che rappresenta un mondo in preda all’era delle macchine senza alcuna difficoltà a livello di “rappresentazione” (la cinematografia di tipo fantascientifico mostra appunto come tutto sia modulabile attraverso l’estrema spettacolarità); una letteratura che si blocca davanti alla possibilità di una rappresentazione – e che, in quanto possibilità letteraria, tende all’estinzione.
Jünger poteva ancora fare uso di un concetto di “totalità”. Le sue razze inferiori erano, appunto, ancora “razze”. Un film che mostra le azioni di una banda di meticci di periferia (siano essi Indios, negroidi o Italiani mafiosi) non dice niente sul meticcio di periferia in quanto razza inferiore; anzi, presenta il singolo meticcio come un caso umano individuale, verso cui è legittimo provare una – sia pur vaga – simpatia. Heliopolis ha l’aspetto di un romanzo filosofico dei tempi andati, e suona un po’ come una favola: la favola appunto della totalità perduta; il film sui meticci di periferia ha la realtà graffiante del servizio catturato in un telegiornale, dove nulla è perduto. Nemmeno il tempo. E ad esso, appunto, dando scacco alla totalità, si conforma e si conferma ora il romanzo.
Ma che cosa si può dedurre da questi due tipi di opere e operazioni possibili? Forse che la mancanza di opera è ciò che bussa alla porta della modernità?
Malumore
La brutta musica di Šostakovič può essere paragonata, in qualche modo, a quella di Rossini. Infatti anch’essa, per ricordare la bella definizione contenuta nell’Estetica di Hegel, è un “puro solletico per l’orecchio”.
Šostakovič può essere visto come un “Rossini cupo”, un mestierante stupratore della musica così come, molto tempo prima di lui, lo era stato Rossini, ma con l’aggiunta della cupezza tipica, gravida di futuro, del meticcio slavo; laddove Rossini non faceva altro che manifestare, nella sua maledetta musica, tutta la predisposizione del pagliaccio e del truffatore che costituiscono l’essenza del meticcio mediterraneo.
(Ma poi, che altro può essere “un meticcio che fa musica” se non uno stupratore della musica?)
Sporcizia razziale
Nietzsche in una lettera del 2 gennaio 1886 a Bernhard Förster ed Elisabeth Förster-Nietzsche a proposito del progetto di fondazione di una colonia tedesca in Paraguay nel quale i due destinatari erano impegnati: «Da parte svizzera sono stato indotto a pensare che i numerosi, quasi sistematici fallimenti delle colonie tedesche o svizzere negli stati attorno a La Plata abbiano origine nel mescolamento delle nazionalità, vale a dire nella vita promiscua di elementi tedeschi e latini. Non si riesce ad avere un sentimento patrio, la sensazione di una casa, se si ha nelle immediate vicinanze la sporcizia italiana ecc.»
Raramente Nietzsche affronta la questione della casa, dell’abitare sereno nella propria terra. La sua filosofia si è andata costruendo pezzo per pezzo lontano da una “casa”. Per questo essa deve essere sempre affrontata come complementare a quella di Heidegger – e viceversa. Tuttavia, nel brano citato centra perfettamente la questione.
L’Europa non deve ricostituirsi in una nuova sede geografica o inglobando in sé elementi non europei, ma deve riconoscersi scacciando da sé la sporcizia razziale.
(Ma il Nord aspetta ancora il suo filosofo, e il Sud il suo boia!)
F. Nietzsche, Epistolario . Volume V, Adelphi, Milano 2011, p. 136.