Suonare il vuoto

Tutta la settima sinfonia di Mahler tende al rondò finale come movimento in grado di completarla perfettamente. Prima di Mahler, solo Haydn riusciva a scrivere sinfonie perfettamente concluse da un rondò.
C’è però un vuoto. Che tipo di vuoto? Tutti i movimenti sembrano abbozzare un tema che, di volta in volta, non viene mai esplicitamente fatto suonare.
Il movimento meno coinvolto in questa costruzione è il primo, che si basa su un tema di marcia. Il movimento dove più questa soluzione viene fatta suonare è il rondò finale. Infatti la sinfonia ha la sua logica e perfetta conclusione nel rondò finale.
Nella musica possono identificarsi diversi tipi di vuoto. Quello più pacchiano è rivelato nella Estetica di Hegel, nella forma di un giudizio sulla musica di Rossini. Questo giudizio suona: “puro solletico per l’orecchio”. È il tradimento della musica. L’uso indebito del dono musicale fatto agli uomini. La settima sinfonia di Mahler fa suonare il vuoto in un altro modo. Come impossibilità di determinare un tema con precisione. La sinfonia rimanda allora alla definizione di “tema” musicale e a ciò che c’era, nella musica, prima che, nella musica, ci fosse il vuoto. Questo tipo di vuoto. Ma che tipo di vuoto è questo vuoto?
La settima sinfonia di Mahler procede verso il riconoscimento del vuoto tra i vari componenti musicali che dovrebbero far suonare un tema nella sua integrità. Questa situazione di base è già stata riconosciuta.
Peter Revers ha notato che lo Scherzo si costruisce sulla dissociazione delle strutture tematiche e motiviche: c’è come il tentativo, da parte di alcune cellule ritmiche, di creare un tema, che però fallisce. Questo, secondo Revers, è un tratto comune delle ultime sinfonie di Mahler. Adorno vi riconosce un collasso delle strutture musicali. Più lontano nel tempo, continua Adorno, questa dissoluzione del tema può essere intravista già in Beethoven (dissociazione tra schema ritmico e tema vero e proprio, ad es. nella settima sinfonia). In Mahler questa dissociazione prende l’aspetto di una marcia senza interruzione (nel primo movimento), mentre nel rondò si manifesta in un modo meno definibile. Qui, infatti, ci sono diversi elementi che sembrano appartenere allo stesso insieme, ma questo insieme non costituisce mai un modulo musicale unico riconoscibile come tema, e tutta la musica suona così un vuoto tra quelle parti che proprio dovrebbero comporre l’insieme.
Alcune considerazioni:
Il tema non è più ciò che esprime la musica, ma ciò che la musica mette in scena: da soggetto del fare musicale, il tema diventa oggetto di questo fare.
La settima sinfonia di Mahler ha anche questo di particolare: rimpiange il tema.
Il quinto concerto di Beethoven evita il tema.
Partire dal concetto di musica tematica. La musica atematica è solo la musica prima di quella tematica. Alla fine della musica tematica c’è il rimpianto per il tema: il vuoto che si intravede.
Rimane un fatto: la differenza tra la musica vuota di Rossini e il vuoto suonato nella settima sinfonia di Mahler.
Gli Italiani sono Ebrei senza intelligenza.
Considerare le sinfonie di Mendelssohn. Un altro tipo di vuoto. Bozzetti effervescenti.
Il rondò della settima di Mahler allude a una musica che non c’è più. Tutti gli abbozzi iniziali di temi sembrano alludere a temi nel momento in cui il tema non c’è più.
È possibile un modo di scrivere (ad es. un romanzo) che usi la stessa tecnica della “musica che non c’è più”, almeno come compare nel rondò della settima di Mahler.

Peter Revers, The Seventh Symphony, in Donald Mitchell & Andrew Nicholson [Edited by], The Mahler Companion, Oxford University Press, Oxford 2002, pp. 376-399.

Confini

Nietzsche non amava la musica di Haydn: «contadino, forse sangue di zingaro (nero); “pagano”».
Molte sinfonie di Haydn hanno una costruzione del primo tema del tipo: “motto + estensione”.
Sinfonia 104. Primo tempo: battute 17-24: “motto” (ripetuto nelle sette battute successive); battute 33-39: “estensione”.
Quello che mi ha sempre dato fastidio in Verdi è la fissità di quella sua “musica” (?). Mi ha sempre dato fastidio proprio ciò che di irritante c’è in quella cosa primitiva che del ritmo ha solo la regolarità dello schiocco ossessivo, che addormenta o innervosisce. Non ho mai avuto dubbi: “Questa è musica negroide!”
Un ricordo d’infanzia: l’asino che con lo zoccolo batte sul terreno: Tòc!… Tòc!… Tòc!…
Furtwängler giudicava Toscanini solo un battitore di tempo.
(Italiani bastardi!)
Nella musica gli Italiani sono come i Negri di Gobineau: possono scandire un ritmo con i loro tamburi di negri, ma non possono mai comporre le sinfonie dell’austriaco Haydn, del tedesco Beethoven, dell’austriaco Bruckner. E nemmeno quelle di Mozart.

Nietzsche non amava la musica di Haydn: «contadino, forse sangue di zingaro (nero); “pagano”». A lui contrapponeva Mozart: «cittadino, socievole, cortigiano».
La struttura “motto + estensione” può essere accostata a quella “Capo + Scorta”, nucleo della funzione guerriera secondo Dumézil. Esterháza avrebbe allora la funzione di una Ultima Casa Accogliente.
La sinfonia 36 di Mozart è nota per essere composta secondo lo schema delle sinfonie di Haydn. Presenta anche la struttura “motto + estensione” nel primo tempo. Battute 22-29: motto; battute 30-37: estensione. Ma come classificare le battute 20-21, al termine dell’adagio introduttivo? La struttura c’è, ma funziona in un modo diverso. Manca proprio la struttura “Capo + Scorta”. Siamo in un ambiente cittadino, cortigiano. In un ambiente diverso.
L’Estetica di Hegel riporta un giudizio preciso e perfido sulla musica di Rossini: “un vuoto solletico dell’orecchio”. La musica italiana è tutta in questo grande raccolto di uva passa.
Monteverdi: la sua musica è solo un soffio aggiunto alle parole. Ma questa musica contiene già ciò che sarà il destino futuro della musica: andare per riportare in vita ciò che è stato sottratto alla vita.

Nietzsche non amava la musica di Haydn.
Rüdiger Safranski riporta un giudizio di Heidegger sull’ultima sonata di Schubert: «Questo noi non possiamo farlo con la filosofia.»
Ma la civiltà germanica non ha ancora mai pensato fino in fondo aldilà della civiltà latina e se stessa come aldilà della civiltà latina.

Libri in contrappunto:
     F. Nietzsche, Frammenti postumi 1884, Adelphi, Milano 1976 (Opere di Friedrich Nietzsche. Volume VII, tomo II), fr. 25 [419].
     Hegel, Estetica, 2 voll., Einaudi Editore, Torino 1997, vol. II, p. 1061.
     R. Safranski, Heidegger e il suo tempo, Longanesi & C., Milano 1996, p. 402.