Confini

Nietzsche non amava la musica di Haydn: «contadino, forse sangue di zingaro (nero); “pagano”».
Molte sinfonie di Haydn hanno una costruzione del primo tema del tipo: “motto + estensione”.
Sinfonia 104. Primo tempo: battute 17-24: “motto” (ripetuto nelle sette battute successive); battute 33-39: “estensione”.
Quello che mi ha sempre dato fastidio in Verdi è la fissità di quella sua “musica” (?). Mi ha sempre dato fastidio proprio ciò che di irritante c’è in quella cosa primitiva che del ritmo ha solo la regolarità dello schiocco ossessivo, che addormenta o innervosisce. Non ho mai avuto dubbi: “Questa è musica negroide!”
Un ricordo d’infanzia: l’asino che con lo zoccolo batte sul terreno: Tòc!… Tòc!… Tòc!…
Furtwängler giudicava Toscanini solo un battitore di tempo.
(Italiani bastardi!)
Nella musica gli Italiani sono come i Negri di Gobineau: possono scandire un ritmo con i loro tamburi di negri, ma non possono mai comporre le sinfonie dell’austriaco Haydn, del tedesco Beethoven, dell’austriaco Bruckner. E nemmeno quelle di Mozart.

Nietzsche non amava la musica di Haydn: «contadino, forse sangue di zingaro (nero); “pagano”». A lui contrapponeva Mozart: «cittadino, socievole, cortigiano».
La struttura “motto + estensione” può essere accostata a quella “Capo + Scorta”, nucleo della funzione guerriera secondo Dumézil. Esterháza avrebbe allora la funzione di una Ultima Casa Accogliente.
La sinfonia 36 di Mozart è nota per essere composta secondo lo schema delle sinfonie di Haydn. Presenta anche la struttura “motto + estensione” nel primo tempo. Battute 22-29: motto; battute 30-37: estensione. Ma come classificare le battute 20-21, al termine dell’adagio introduttivo? La struttura c’è, ma funziona in un modo diverso. Manca proprio la struttura “Capo + Scorta”. Siamo in un ambiente cittadino, cortigiano. In un ambiente diverso.
L’Estetica di Hegel riporta un giudizio preciso e perfido sulla musica di Rossini: “un vuoto solletico dell’orecchio”. La musica italiana è tutta in questo grande raccolto di uva passa.
Monteverdi: la sua musica è solo un soffio aggiunto alle parole. Ma questa musica contiene già ciò che sarà il destino futuro della musica: andare per riportare in vita ciò che è stato sottratto alla vita.

Nietzsche non amava la musica di Haydn.
Rüdiger Safranski riporta un giudizio di Heidegger sull’ultima sonata di Schubert: «Questo noi non possiamo farlo con la filosofia.»
Ma la civiltà germanica non ha ancora mai pensato fino in fondo aldilà della civiltà latina e se stessa come aldilà della civiltà latina.

Libri in contrappunto:
     F. Nietzsche, Frammenti postumi 1884, Adelphi, Milano 1976 (Opere di Friedrich Nietzsche. Volume VII, tomo II), fr. 25 [419].
     Hegel, Estetica, 2 voll., Einaudi Editore, Torino 1997, vol. II, p. 1061.
     R. Safranski, Heidegger e il suo tempo, Longanesi & C., Milano 1996, p. 402.

Arte dell’avvenire

Qualunque previsione circa un’arte dell’avvenire, e anche circa una estetica dell’avvenire, non può che partire da queste due constatazioni di Heidegger:

L’eterno ritorno è un pensiero non antropomorfico e disantropomorfizzante per l’ente, che non si lascia spiegare in teoria né applicare in pratica. «Questo pensiero non si lascia né pensare “teoricamente” né applicare “praticamente”» (M. Heidegger, Nietzsche, Adelphi, Milano 1995, p. 319).

«Ciò che resta essenziale nella figura di Zarathustra è che il maestro insegna qualcosa di duplice, che però è intimamente connesso: eterno ritorno e superuomo. Zarathustra costituisce egli stesso, in un certo modo, questa intima connessione. In questa prospettiva resta anche lui un enigma, che non è ancora diventato per noi visione chiara.» (M. Heidegger, Chi è lo Zarathustra di Nietzsche?, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1993, p. 81.)

La prima constatazione riguarda le possibili teorie estetiche dell’avvenire. La seconda constatazione riguarda le possibili costruzioni di un personaggio nelle teorie estetiche dell’avvenire.