Cinema. Vicoli ciechi

Bisogna accorgersi una volta per tutte che, ai giorni nostri, negli ambienti culturali dell’Occidente, lo scandalo non può essere più rappresentato in nessun modo dal sesso, ma dalla difesa della possibilità del genocidio. E soprattutto: della sua necessità. Vale a dire: dalla difesa della possibilità di un prossimo incombente necessario genocidio. È questo che la nostra epoca non può accettare in nessun modo: la giustificazione – da una punto di vista perfettamente razionale – della necessità del genocidio.
La nostra epoca deve essere inseguita nei vicoli ciechi delle sue disperse e molteplici periferie virtuali, là dove pensa di non trovare mai nessuno in agguato.

L’ultima stazione

Qual è l’ultima stazione del pensiero occidentale? Quella che permette di mettere le mani sulla creazione divina. Questo vuole dire: quella che permette di pianificare la soppressione di intere razze umane. Questa stazione sarà la fine del pensiero occidentale, così come noi lo abbiamo sempre conosciuto. E l’inizio di un nuovo periodo, la cui luminosità è molto al di là del nostro orizzonte.
Mettere finalmente le mani sulla creazione divina – non solo nel senso della raggiunta manipolabilità e del controllo del mondo ai fini puramente tecnici – ma anche per quanto riguarda l’intervento sul diritto alla vita di certe razze, è infatti il compito che attende il futuro. E questo futuro è tutto, fuorché incerto.

Così può essere divertente, nei confronti di questa prospettiva, rivedere, già da adesso, certi atteggiamenti intellettuali della modernità e scoprirne la totale inadeguatezza. La questione di un discorso sul nazismo, ad esempio, non dovrebbe essere posta a partire dai campi di concentramento, essendo essi il punto d’arrivo. E comunque non si dovrebbe pensare di annullare ciò che ha potuto cominciare ad essere attraverso la funzione di questi campi di concentramento. Così può apparire discutibile il progetto del revisionismo: accettare una morale – che il nazismo potrebbe avere infranto – con l’intento di dimostrare che il nazismo non ha agito contro questa morale. Non è una buona dose di impacciata timidezza? Quello che invece deve essere affrontato è la questione che il nazismo ha rappresentato l’inizio della fine di tutta una morale, che doveva passare anche attraverso il riconoscimento delle razze inferiori e della loro soppressione.

Sputare

Sputare addosso a un meticcio italiano (non importa il sesso), in una grande città d’Europa (per esempio Monaco), è il modo migliore per rimarcare – in Europa – la presenza di un popolo che deve sempre sconcertare, ad ogni incontro, per la sua infausta presenza in Europa. Il Mein Kampf conserva l’impressione del primo incontro di Hitler con un Ebreo nella grande città di Vienna. Passaggio sempre da rileggere.

Groviglio di parole

“Banalità del male” è un concetto che può essere funzionale, e quindi opportuno da osservare nelle sue capillari articolazioni, nell’arco di un progetto di sterminio (a ben guardare: realmente deprecabile?), ma che si sgonfia in mille altri rivoli di occasioni.
Cosa resta della banalità del male in ciò che lega la fissità dello sguardo del Negro omicida alla smorfia sprezzante del meticcio italiano mafioso? Forse la banalità della degenerazione della razza? (Mi sa proprio di sì!) Ma è legittimo, poi, parlare ancora di “banalità”, in questo caso? Il cinema ha fissato più volte, tanto lo sguardo quanto la smorfia, sornionamente, in modo da immortalarli,  l’uno e l’altra, nel volto, sempre disponibile, dell’attore più di moda in quel momento, ma – essendo questa settima arte stramalefica un esempio dell’arte della degenerazione di tutto ciò che è stramoderno – li ha, lì, al contempo, elevati a qualcosa, di volta in volta, giustificabile e degno sempre di “umana” comprensione.
Contro tutto ciò si contrappone la grandiosa frase del Mein Kampf: “combattendo l’Ebreo, io miglioro l’opera della creazione divina”.
Rimane il ghigno sottile, la malvagia stupidità che unisce il desolante Negro omicida al tronfio meticcio italiano mafioso, che sembra ghignare qualcosa di vero – ma solo una piccola verità da tenere bene nascosta – verso tutti i “bianchi” di sinistra: il male è prima di tutto questione di razza inferiore.

Adorno, elementi di antisemitismo – 2

Adorno, a differenza di Heidegger, non era interessato ai fondamenti della filosofia. Nessuno scavo nei concetti della filosofia per un nuovo disprezzo del sapere.
Dialettica dell’illuminismo è un libro segnato da grandi soluzioni di continuità: il concetto di illuminismo, l’Odissea, Sade. Ma tutto sembra convergere negli “Elementi di antisemitismo”, essendo questo il punto più adatto per raccogliere i diversi elementi del discorso precedente: discorso sull’illuminismo, discorso sulla cultura, discorso sul nazismo; il tutto inserito nella archeologia dell’antisemitismo quale nascita di un nuovo tipo antropologico.
Ma è proprio questa presentazione che ha qualcosa di aperto. Infatti, così come si presenta, questa sezione propone materiale sufficiente per abbozzare il possibile “tipo antropologico dell’anti-antisemita”.