La frase del Mein Kampf, secondo la quale combattendo l’Ebreo si migliorerebbe l’opera della creazione divina, contiene la nascita del principio dell’Hitlerismo esoterico. La lotta contro le razze inferiori non comporta la diffusione dell’odio razziale, ma, al contrario, il rispetto della creazione divina. La frase rilancia inoltre il principio della creazione gnostica, vale a dire dell’intervento di un Demiurgo durante la creazione divina, che è appunto uno dei temi dell’Hitlerismo esoterico.
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Rileggere Mein Kampf
Bisogna rileggere Mein Kampf mettendo al posto degli Ebrei gli Italiani. Ogni volta che il testo dice “Ebrei” bisogna sostituire “Italiani”.
La vicinanza di Ebrei e Italiani era stata intuita da Martin Lutero, che li vedeva come i massimi nemici dell’Europa.
L’antisemitismo del futuro dovrà includere gli Italiani.
Dopo gli Ebrei, gli Italiani sono il popolo più odiato al mondo.
La terra alleviata
«Il maggior numero possibile di ariani avrebbe dovuto [durante la Germania nazista] incarnare lo spirito iperboreo, facendo crescere il raggio del Cerchio (Lebensraum, Spazio Vitale), in modo da non lasciare nella terra ormai rigenerata – nuovamente terra spiritualizzata del Gral – spazio per l’antirazza giudaica, né per l’animale-uomo, il robot, lo schiavo dell’Atlantide. Questi sarebbero restati, o periti, con la terra materiale del Demiurgo.» (p. 811).
Qui abbiamo il principio della soppressione delle razze inferiori come imposto per natura dalla terra ormai rigenerata, indipendentemente da una volontà esterna.
Serrano ha sempre respinto le accuse di genocidio a carico del nazismo. Nella stessa opera segnalava, poco dopo, come, nei campi di concentramento nazisti, non ci fosse niente di sinistro, ma come servissero, anch’essi, a una trasformazione (p. 812).
Tuttavia, l’ipotesi della rigenerazione della terra conduce a una inabitabilità della terra da parte delle razze inferiori.
Dalla terra rigenerata di Miguel Serrano alla terra alleviata di Dumézil. Sullo sfondo c’è sempre la grande battaglia che rigenera, cambiando anche il modo di pensare.
Ma dalle pagine dei libri, mille parole innocenti sfiorano il mondo con occhi di giganti.
M. Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2010.
Heidegger e il nazismo
La questione “Heidegger e il nazismo” non deve essere posta sulla base della adesione di Heidegger al nazismo, ma sulle sincronie possibili tra la teoria della fine della metafisica e il nazismo. La teoria della fine della metafisica indicava uno spostamento del pensiero, che dalla ubicazione in un mondo al di là del mondo, per usare la frase di Nietzsche, veniva a posarsi sulla terra in un modo sino ad allora al di là del pensiero.
Ma questa azione smascherava in automatico il mondo ebraico latino alla base dell’epoca della metafisica e poneva il mondo germanico come base della nuova epoca. L’azione della teoria di Heidegger viene così a convergere con alcuni tratti del nazismo, ed è su questo che bisognerebbe dirigere l’analisi.
La nostra epoca è l’epoca che vede lo scontro tra civiltà latina e civiltà germanica. È appunto tale scontro ciò che permette di accedere all’epoca della fine della metafisica nella sua integrità.
Quindi, più che di “Heidegger e il nazismo”, si dovrebbe parlare di “il pensiero di Heidegger e il pensiero dell’ideologia nazista”, o meglio ancora: “il pensiero di Heidegger e lo svolgimento inevitabile del pensiero occidentale”.
L’ansia revisionistica
Il revisionismo sembra afflitto da una specie di ansia consistente nel voler dimostrare che i nazisti non hanno commesso i genocidi di cui comunemente li si accusa. Forse anche nell’ambiente variegato della destra si tende sempre più a vedere i nazisti come bravi ragazzi di un lontano tempo da poco passato. Probabilmente, è una tendenza dovuta ai brutti tempi. Brutti tempi che spingono verso una democratizzazione generale delle idee.
Il nazismo ha avuto l’importanza di parlare apertamente di razze inferiori e di razze superiori e di costruire un sistema ideologico e politico fondato su questa divisione. Per la prima volta il concetto cristiano di uguaglianza se la passava male. Il nazismo è stato un fenomeno contraddittorio, ma in qualcosa ha invertito una tendenza, individuando dove ancora poteva essere possibile una rivolta contro i pregiudizi del mondo moderno. Da qui l’altra domanda: chi vuole veramente opporsi, oggi, a questi pregiudizi? Infatti la questione si poneva, allora, in un modo irrecuperabile per l’oggi. Questa questione suona: che cosa fare delle razze inferiori? Una cosa o l’altra poteva essere fatta. Irrecuperabile? Se non nella pratica, almeno nel pensiero se ne dovrebbe tentare il recupero. Per la prima volta il cristianesimo sembrava non avere più l’importanza ideologica di sempre nelle lande dell’Occidente. Secondo il modo di pensare comune, spetta all’ideologia di sinistra la fama di pensiero d’opposizione al cristianesimo. La verità storica può segnalare le battaglie intraprese dai vari stati socialisti per affossare il cristianesimo. Ma il socialismo si basa sullo stesso principio del cristianesimo: l’uguaglianza. Il nazismo rimuoveva alla base questo principio.
Luca Leonello Rimbotti ha scritto un libro interessante sulle caratteristiche del nazismo. Caratteristiche affrontate da un punto di vista del tutto anticonformista: Il mito al potere (Edizioni Il Settimo Sigillo, Roma 1992). Il sottotitolo ha caratteristiche ancora più moleste: Le origini pagane del nazionalsocialismo. Il revisionismo parte dal principio di stabilire la verità storica. Si può dire, in fin dei conti, che sia una cosa tanto importante, la verità storica? Si ha il sospetto che questo mirare a una verità storica obiettiva nasconda una diffusa timidezza: assolvere per non schierarsi. Se il rischio fosse di perdere di vista quello che il nazismo ha rappresentato di nuovo radicalmente? Forse l’importante non è stabilire che cosa il nazismo abbia o non abbia fatto, quanto accettare quello che sarebbe stato possibile fare a partire da una ideologia come l’ideologia nazista. Alla verità storica bisognerebbe allora accostare il vertice del “verosimile” come categoria che qualunque storia porta sempre con sé e valutare non solo in base a quello che si è stati capaci di fare, ma anche in base a quello che non si è stati in grado di fare, ma che giaceva come un sogno appena sbocciato nelle lagune del progetto.