Oltre la Grecia

Un pensiero nuovo, in grado di abbandonare, finalmente, le odiate sponde del levantino sud d’Europa, è diverse volte sembrato vicino. È accaduto con Nietzsche, poi con Heidegger, e ancora con Dumézil. Ma non è mai stata affrontata la questione fino in fondo: e allora il pensiero, come un animale fin troppo domestico, è tornato a raggomitolarsi nel suo nido di parole del sud dell’Europa.
“Affrontare la questione fino in fondo” vuole qui dire andare oltre un pensiero che vede nella Grecia la sua giusta e inevitabile origine.
Heidegger è importante anche per le possibilità di pensiero che apre oltre la Grecia (come poi Dumézil); ma perché, nel suo pensiero, tutto si chiude sempre intorno alla Grecia (come anche avviene in Dumézil)?
Con l’espressione “possibilità di un pensiero oltre la Grecia” si intende una possibilità riservata al pensiero occidentale tale da poter esercitarsi al di fuori di ciò che è stato il pensiero greco. Ma al di fuori della Grecia, per come l’Europa è stata stabilita prima ancora che si potesse parlare di Europa, c’è la Germania. Intendendo con “Germania” quella parte dell’attuale Europa che Roma ha cercato di sottomettere e che solo con la “battaglia di Arminio” si è svincolata parzialmente da questo dominio. Vale a dire: la civiltà germanica.
Una prima considerazione può essere fatta a proposito della Allocuzione per la cerimonia del solstizio d’estate (24 giugno 1933) di Heidegger.
Che cosa dice Heidegger in questo discorso? «I giorni declinano», e lo ripete tre volte in un testo brevissimo. Dopo il solstizio d’estate le giornate si accorciano. Gli Indoeuropei celebravano i solstizi: quello gioioso d’inverno (gioioso perché, pur nel buio delle giornate, si riconosceva il ritorno della nuova luce), quello malinconico dell’estate (perché nella piena luce si riconosceva il punto massimo raggiunto, oltre il quale c’era solo discesa). Heidegger riconosce un fatto comune al gruppo indoeuropeo. Ma l’epoca del solstizio d’inverno è la notte senza dèi in cui avviene l’annuncio dei nuovi dèi. Che è quello che viene trovato nella poesia di Hölderlin.
Cristiano Grottanelli ha tracciato delle corrispondenze tra il Discorso di Rettorato di Heidegger e la teoria della tripartizione funzionale di Dumézil: «È facile riconoscere nei tre doveri del Rettore Heidegger le tre funzioni nell’ordine inverso: III, II, I, ma anche le due figure jüngeriane del Combattente e del Produttore, più una terza figura qui presentata come dovere-funzione del sapere, che è lo stesso Heidegger in quanto “sapiente” tedesco.»
In tutti e due i casi, Heidegger accetterebbe antiche strutture germaniche (se non indoeuropee), che l’epoca contemporanea aveva ormai diminuito di valore.
Se l’esperienza del Rettorato consistesse proprio in questo: nella messa in pratica, intravista da Heidegger, di poter andare oltre la Grecia? Questa possibilità può concretizzarsi solo attraverso una rinascita della germanicità. Doveva toccare alla germanicità agire nell’epoca contemporanea allo scopo di rinnovarla. La germanicità così stabilita poteva essere ripresentata dal movimento politico di Hitler. Heidegger aderisce alla germanicità (perché vede in essa un qualcosa di autenticamente profondo – oltre la Grecia). La germanicità era un legame tra i vari gruppi che componevano il popolo tedesco: era il passato di questo popolo e ne avrebbe costituito il futuro. Il futuro così determinato sarebbe stato il riconoscimento, da parte del popolo tedesco, del proprio passato inteso come germanicità – oltre la Grecia: in questo Heidegger poteva vedere il nuovo compito della Università tedesca. Da qui il riconoscimento da parte di Heidegger di alcuni elementi fondamentali: la tripartizione indoeuropea; la struttura Führer–Gefolgschaft; la celebrazione del solstizio d’estate.
La struttura Führung/Gefolgschaft indica l’antica struttura germanica del Capo e del suo Seguito. Se il Seguito riteneva il Capo indegno di essere seguito, gli si ribellava contro; la stessa cosa si aveva anche a proposito degli dèi.
Se Heidegger seguisse degli antichi usi germanici? Se il suo interesse per il nazismo fosse stato deciso proprio da questo possibile ritorno di antiche consuetudini? Considerare l’origine contadina di Heidegger. Evola vedeva nel corpo della SS il ritorno di un’antica struttura germanica (in realtà indoeuropea): la banda di guerrieri che si organizza spontaneamente intorno a un Capo.

     C. Grottanelli, Ideologie miti massacri, Sellerio editore, Palermo 1993. Il discorso riguardante Heidegger «erede inconscio del trifunzionalismo indoeuropeo» occupa le pp. 92-5. Il brano citato sopra è alle pp. 93-4.

     Allocuzione per la cerimonia del solstizio d’estate (24 giugno 1933) e Discorso per il Rettorato, in M. Heidegger, Scritti politici (1933-1966), Edizioni PIEMME, Casale Monferrato 1998.

     L’interesse del giovane Nietzsche per la mitologia e la letteratura degli antichi popoli germanici è adesso contenuta in F. Nietzsche, Scritti giovanili 1856-1864 (Opere di Friedrich Nietzsche, vol. I, tomo I, Adelphi, Milano 1998).

Adorno, elementi di antisemitismo

Elementi dell’antisemitismo è il titolo della sezione settima di Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer e Adorno. Il sottotitolo è: “Limiti dell’illuminismo”. La sezione è divisa in sette paragrafi numerati.
Tale sezione costituisce un punto fondamentale della Dialettica dell’Illuminismo. E, indirettamente, ha lo scopo di contribuire alla creazione di una tipologia. L’antisemitismo è in essa analizzato nell’ambito del nazismo.
Questa tipologia è ciò che si potrebbe definire come la tipologia dell’anti-antisemita: colui che, per disposizione naturale, si oppone naturalmente all’antisemitismo. Ma proprio questo tipo ha una sua fondazione. Che anche in un autore come Adorno presenta una impronta grossolana e truffaldina.
Ma il nazismo è proprio ciò che adesso deve essere ripensato. Dire che il nazismo è ciò che adesso deve essere ripensato è dire che il nazismo è ciò che adesso deve essere proprio pensato.
La definizione del nazismo come “politica da birreria” contribuisce a creare quell’equivoco di personaggio, rappresentazione, modernità che l’atto di pensare, adesso, dovrebbe fare a meno di considerare.

Tanto il liberalismo quanto il nazismo proiettano nell’ebreo il lato oscuro delle rispettive forme sociali (p. 188); il liberale vede nell’ebreo il fondo di rapina su cui si basa il capitale; il nazista l’aspetto violento e barbarico. L’ebreo diventa così il ladro (tesi liberale) e il barbaro primitivo (tesi nazista).
Il cristianesimo si sviluppa dall’ebraismo, spiritualizzando il dio dèmone ancora evidente nel vecchio testamento. A poco a poco, tale religione nega se stessa come religione [tesi della teologia negativa, a p. 193 si cita Barth dopo Pascal, Lessing e Kierkegaard], poiché elimina l’aspetto naturale, di cui il dio ebraico era ancora portatore. Il cristiano è adesso colui che realizza la religione del Figlio, ma vede in quella del Padre un pericolo e insieme una nostalgia: il pericolo rappresentato dalla natura da cui egli si è staccato [notare il meccanismo di “dialettica dell’illuminismo”]. Essendo la religione del Padre l’ebraismo, si ha in questo meccanismo l’origine dell’antisemitismo (paragrafo IV).
L’antisemitismo fa appello alla idiosincrasia. In apertura del paragrafo V si cita dal Siegfried: «“Non ti posso soffrire – Non scordartene così facilmente”, dice Sigfrido a Mime, che aspira al suo amore.» (p. 194) [Si vuole suggerire che l’antisemita cerchi l’amore degli ebrei?]. [Bisogna comprendere come i detrattori dell’antisemitismo costruiscano la loro logica. È possibile ottenere un sistema di tutte queste logiche, aberranti e possibili? Che cosa rivelerebbe una psicoanalisi di colui che si oppone all’antisemitismo? È possibile una psicoanalisi di questo genere? Notare come Dialettica dell’illuminismo tenda a sfociare insensibilmente nella psicoanalisi; più precisamente nella psicoanalisi dell’antisemita. È possibile un movimento opposto?] Nella idiosincrasia i singoli organi tornano a sottrarsi al controllo del soggetto (p. 194) [In Odisseo si era visto questo controllo come ancora in formazione.]. A p. 195 la separazione dalla natura è rintracciata in un insieme che comporta attori, zingari, divieto religioso delle immagini, pedagogia che insegna ai bambini a non essere puerili. Ma l’identità si instaura solo attraverso il terrore (p. 195). [La rappresentazione che gli Autori fanno del nazismo è la stessa che essi denunciano nel cinema: stereotipi, formule idiote, ripetizioni ebeti, catatonia.] Nella profanazione dei cimiteri risiede l’antisemitismo in quanto voglia di scacciare, di impedire una sosta a colui che deve solo migrare (pp. 197-8). [Notare questo: Gli antisemiti hanno una specie di coazione a ripetere:] «Essi non possono soffrire l’ebreo, e lo imitano continuamente.» (p. 198): Hitler gesticola come un clown, Mussolini azzarda toni in falsetto come un tenore di provincia, Goebbels parla velocemente come un agente di commercio ebreo (p. 199). Le fantasie razziste dei delitti attribuiti agli Ebrei definiscono esattamente il sogno degli antisemiti (p. 200). «La civiltà è la vittoria della società sulla natura che trasforma tutto in nuova natura.» (p. 200). [Questo è una specie di motto della Dialettica dell’illuminismo.]
Nella percezione non alterata dall’antisemitismo, il soggetto riflette l’oggetto esterno, lo ha nella propria coscienza ma sa di avere a che fare con qualcosa di esterno. L’antisemitismo interrompe questa riflessione: l’oggetto non è più riconosciuto come tale e il soggetto cessa di riflettere su di sé, perdendo così la capacità della differenza (p. 204). [Notare: tutte le argomentazioni sembrano raccogliersi in questa sezione, che ha la funzione di delineare una psicoanalisi – quasi lacaniana, basata sul rapporto soggetto-oggetto – dell’antisemita. I “frammenti filosofici” rivelano così la loro vera natura: appunti parziali per il ritratto complessivo di un demone. L’antisemita è l’unico vero demone che questa epoca laica e democratica possa dipingere sul muro.] Questo meccanismo comporta la fissità paranoica, con sfumature omosessuali, che caratterizza l’antisemita. Il paranoico realizza oggi quello che nel Medioevo era riservato alla mitologia del diavolo (p. 211).
Il paragrafo VII spiega come l’antisemitismo bonario del liberalismo sia sfociato nell’antisemitismo in grado di uccidere. «Nella politica da birreria degli antisemiti si rivelava la falsità del liberalismo tedesco, di cui essa viveva e che finì poi per uccidere.» (p. 215). [Nel Mein Kampf il  ruolo della Hofbräuhaus è ben diverso da quello ricordato qui: «All’epoca, il salone della Hofbräuhaus, a Monaco, per noi nazional-socialisti acquisì un’importanza quasi mistica», si legge nel Mein Kampf a proposito del primo grande raduno del 24 febbraio 1920.] La complessa economia moderna nega l’individuo; realizzando così la dialettica dell’illuminismo. «La dialettica dell’illuminismo si rovescia oggettivamente in follia.» (p. 219). Il mondo si avvia verso la globalizzazione. In questo clima di annullamento dell’individuo, prende il via lo sterminio degli Ebrei (p. 221).

M. Horkheimer, Th.W. Adorno, Dialettica dell’Illuminismo, Einaudi, Torino 1997.
Il Mein Kampf di Adolf Hitler, a cura di Giorgio Galli, Kaos edizioni, Milano 2006, p. 369.

Una conquista del pensiero

Certezze acquisite in tutta un’epoca nascondono invece delle mancanze del pensiero.
Quest’epoca moderna ha cancellato molti divieti: si può parlare pubblicamente di alcune scelte dell’individuo, fino ad allora considerate estreme, senza rischiare. L’omosessualità, la droga, la criminalità sono temi accettati ormai nell’ambito delle possibili scelte estreme praticate dall’individuo proprio perché ad esso pertinenti in modo imprescindibile. Ma c’è un insieme di temi che non ammette accoglienza e che viene censurato subito: quell’insieme che comprende l’ammissione della disuguaglianza tra le razze, l’accettazione di questa differenza e il rifiuto di volerla combattere, e che quindi fa capo alla possibilità di trattare (nella ideologia e nella pratica) certi gruppi umani come elementi sostanzialmente indegni di vivere. In tutto questo c’è appunto qualcosa che ripugna alla mentalità moderna e che fa scattare la tanto aborrita (alla mentalità moderna) repressione.
Contrariamente a quanto si pensa, intaccare questo divieto estremo può servire ad aprire la mente: soprattutto ad aprirla verso una nuova direzione.
Il pregiudizio si annida sempre tra la banalità e inizia a dissolversi quando si avverte il peso della vergogna della quotidianità. Quanti nuovi pensieri e ideologie sorgerebbero, se questi divieti crollassero? Il pensiero è prima di tutto terra dove abitare.
Ma c’è una questione da affrontare: come gestire la pericolosità che un tale progetto comporterebbe? Il gioco delle idee varrebbe finalmente la pena del lavoro dei piccoli massacri che sarebbero da compiere?
Va da sé che per l’uomo sarebbe utile vedere a faccia a faccia un simile pericolo, cioè un pensiero che sfiorasse la possibilità della soppressione di una parte dell’umanità. Proprio qui sarebbe da riconoscere la nuova conquista del pensiero. In fondo, la cosa fondamentale è che il pensiero si evolva: che questo avvenga a scapito degli uomini è il modo migliore per evitare il sedimento della banalità dei pregiudizi. Il logico punto d’incontro sarebbe allora la volontà di estinzione, la tranquilla accettazione che la sopravvivenza dell’uomo non sia l’obiettivo da raggiungere ad ogni costo.

En ny Hermann

Io insegno il disprezzo verso tutto ciò che è italiano come scorciatoia maestra per il disprezzo verso tutto ciò che è degenerato.
Mi auguro che in un futuro prossimo Mein Kampf il ricordo del primo incontro con un Italiano in Europa venga riportato negli stessi termini con i quali, nell’attuale Mein Kampf, il ricordo del primo incontro con un Ebreo in Europa è riportato e lasciato nel tempo.
E poi che questo comporti tutte le inevitabili e fatali conseguenze. Dio stramaledica gli Italiani!

Da dove arriveranno i nuovi boia?

R.J. Lifton (I medici nazisti, Rizzoli 1988), libro che deve essere sempre pensato con attenzione, collegava la possibilità che avrebbe una società di procurarsi i boia alla struttura dei medici. Il testo riconosceva tale possibilità operante soprattutto nei campi di concentramento nazisti e durante il genocidio degli Armeni ad opera dei Turchi.
Ma è possibile una nuova origine. I nuovi boia andrebbero trovati nelle varie fasce di una società che autenticamente abbia lasciato dietro di sé il cristianesimo.
La pallottola caricata a salve e la falsa iniezione letale mostrano quanto sia ancora lontana una società in grado di creare da sé i nuovi boia, e quanto sia ancora radicato il virus del cristianesimo.
Manca una sana educazione all’arte sana del boia. Il boia è colui che agisce in nome di Dio. È Dio che chiede la soppressione di alcune razze. Razze che Dio ha posto nella creazione solo perché una società riconoscesse poi il dovere di sopprimerle – e quindi chiamasse in sé i nuovi boia.
Per come la vedo io, disprezzare un Indio, uno Zingaro, un Italiano non è fare torto a un essere umano, ma è rispettare Dio. Dio (questo grande burlone, grande artista e grande aristocratico) ha creato le razze degenerate non per un errore, ma perché gli uomini giungano alla conoscenza; dimostrando così di essere pronti per l’epoca del grande disprezzo. Epoca che porterà gli uomini all’arte fra tutte più vicina a quella divina: la consapevole soppressione di una parte della creazione divina e infine dello stesso concetto di “Dio”. Ma arte consapevole e gioiosa. Epoca nella quale gli uomini potranno manifestare, con tali azioni, frutto della conoscenza, la giusta ammirazione per la creazione divina.