Sulla biografia, in senso teorico e pratico, c’è ancora molto da affrontare. Smantellare innanzitutto l’idea del curriculum, cioè del riconoscimento di una o più mete raggiunte in un dato arco di tempo, che pure è la traccia che maggiormente la insidia, può essere un utile punto di partenza.
Si può scrivere la biografia di Agatha Christie: a vent’anni ha scritto questo, a trenta quest’altro, a x anni ha cessato di vivere. La biografia diventa così una estensione del curriculum. Questo va bene solo per la letteratura di massa. Nel caso di un grande scrittore l’approccio è diverso È solo per pigrizia intellettuale se non lo si è notato finora? Un grande scrittore compone quello che una data confluenza di temi e libri porta a dover essere finalmente composto. Compone quello che non si può più fare a meno di comporre. L’autore si determina così non in base a una continuità di carriera, quanto in base a discontinuità e scomposizioni di temi. Che io sappia, attualmente, questo metodo è stato applicato in modo soddisfacente solo da Hugh Kenner in L’età di Pound.
Un grande artista ha una profonda diffidenza verso tutto ciò in cui si può dare a riconoscere l’uomo. Egli, infatti, mira a una serena non umanità. In fondo, può dipendere dal fatto di vedere sempre la propria opera come già completa e compiuta (ed egli stesso come cosa in un canto). Ogni artista è; da sempre, e non ha bisogno di un apprendistato o di un divenire. Quindi una biografia dovrebbe partire proprio da questo?