Mito e romanzo

Joyce è stato lo scrittore che, più di tutti, ha presentato una riflessione completa sui rapporti tra mito e letteratura nei tempi moderni. Lo strumento di indagine usato da Joyce è la parodia.
Ma già il romanzo nasceva con tratti che lo ponevano come una parodia dell’epica. Le risse del Tom Jones suonano come una parodia delle battaglie dell’Iliade.
Con la sua scelta, Joyce ha in parte chiamato avanti, e in parte posto un freno al romanzo.
È possibile una letteratura che rifletta sul mito facendo a meno della parodia? Perché Joyce ha scelto la parodia? La scelta di Joyce era una scelta fatta per calare – finalmente! – il mito tra gli uomini.
Ma la domanda che adesso si pone riguarda il mito, e questa domanda deve suonare in questo modo: “sono gli uomini a maneggiare il mito, o è il mito a maneggiare gli uomini?”
La scelta di Joyce è stata la scelta giusta – per i tempi. C’era infatti altro tempo per pensare. È poi arrivato il romanzo postmoderno, che ha ingarbugliato tutto. Ma che permette di vedere meglio, adesso, i romanzi di Joyce.
Quando ci si pone dalla parte degli uomini, si vedono gli uomini che usano il mito e si deve scegliere la parodia; che è la scelta di Joyce. Manca l’altra scelta.
Un nuovo romanzo dovrebbe partire dalle cose, vale a dire dal modo in cui le cose usano simbolicamente gli uomini per rendere possibile – ancora una volta – il mito. Il romanzo è infatti il genere artistico che mostra come tutto si colleghi a tutto.
Ma allora gli uomini non sarebbero altro che appendici di simboli?
Bisogna innanzitutto precisare il rapporto tra il flusso di coscienza utilizzato da Joyce e la tecnica, relativa a tutta un’altra diversa memoria, utilizzata da Pound nei Canti.
Sarà allora chiaro il progetto di un’arte disantropomorfizzante, in cui l’uomo è solo un lampo in una catena, un bagliore non sempre necessario e non indispensabile nell’intreccio delle cose.
Ma sarà allora chiaro che è proprio la tecnica seriale che ha in sé la microserie fondamentale, l’alingua, a costituire il fulcro dell’opera.

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