Taguieff, Il razzismo

Per qualsiasi considerazione del libro di Pierre-André Taguieff, Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti (1999), è importante partire dal capitolo finale, che pone la domanda fondamentale, su cui questo post piglia le mosse: Perché essere antirazzisti?vale a dire: “perché l’antirazzismo – cioè la cosa a cui tutti, comunque, devono aderire?Vogliamo, prima di tutto, vedere che cosa dice Taguieff?

«Dobbiamo partire da un apparente paradosso, ben noto per quanto non ben sondato: mentre la parola “razza” è diventata “tabù”, ed è comunque ideologicamente sospetta e quindi viene evitata, dopo la sconfitta del regime nazista che l’aveva massicciamente sfruttata a fini propagandistici, la parola “razzismo”, al contrario, non solo è comunemente utilizzata, ma viene applicata a un numero indefinito di situazioni, ed assume quindi una funzione vaga, come approssimativo sinonimo di esclusione, di rigetto, di ostilità, di odio, di paura fobica o di disprezzo.» (p. 5).

Possiamo dire che la parola “razza” rischia adesso la stessa sorte toccata alla parola “religione” tanto tempo fa: considerata cosa inutile dalla ideologia dominante nei primi decenni del Novecento, è stata, da allora, posta al bando, finché il terrorismo islamico non l’ha più volte, in pluriforme spoglie, portata a spartire dai Settanta qual cosa da considerare, come cosa contro cui si sbatte si sbanda, per cui la razza è la cosa contro cui si sbatte e sbanda adesso: il mongolo, il terrorista islamico, l’italiano di merda in cui s’inciampa a forza, e che dice che il terriccio su cui quello sta non è più la terra degli europei.

La messa al bando, ombre, larve, de la parola “razza” è il pericolo che attualmente ha a che fare con la razza bianca, quando l’idea apre a ciò che è il parlare di razza, quando l’unico sistema politico, che abbia parlato di razza, è stato il nazismo, che adesso può essere considerato solo in quanto hitlerismo esoterico – quando è allora sempre la vicinanza la cosa che deve essere combattuta. La parola “razza” subirà la stessa sorte della parola “religione”.

«Sulle terre mobili del razzismo, o meglio, dei razzismi, tutto è in continua ridefinizione, tutti i dati subiscono delle metamorfosi, mentre gli elementi simbolici si rinnovano.» (p. 7).

«Il vacillamento dell’evidenza d’origine biblica dell’unità dell’uomo, nell’Europa erudita del XVIII e del XIX secolo, non ha potuto prodursi che, da una parte, a causa della radicale naturalizzazione dello statuto della specie umana all’interno dell’ordine del vivente (e più precisamente nel regno animale) attraverso l’iscrizione dell’umano nel sistema zoologico (Linné, Buffon), e, dall’altra, a causa del progresso dell’irreligiosità, dell’ateismo e dello spirito della libera ricerca.» (p. 16) – che è proprio ciò che riguarda Nietzsche in quanto pensatore della fine dell’epoca della metafisica. Ma in quanto fenomeno occidentale e moderno, il pensiero razzista presenta comunque una invariante: la messa in questione dell’unità del genere umano, vale a dire ciò che determina ciò che riguarda ciò che è dell’essere umano, quando, ormai, non tutte le forme viventi possono essere considerate più soltanto forme dello stesso essere umano.

«La radicalizzazione del pensiero razzista è stata, dunque, favorita dalla decristianizzazione degli spiriti, che ha trasformato in leggenda o in mito la tesi monogenista la quale dava un fondamento culturale alla visione della fraterna unità di tutti gli uomini.» (p. 16). Il razzismo è stato favorito dall’indebolimento delle teorie cristiane in quanto mito della creazione da parte di un’unica coppia umana, mito ritenuto ormai semplice leggenda – ma da qui punto in cui il razzismo si apre in quanto pensiero critico e pensiero diverso.

Il razzismo è un mito, e, in quanto tale, non fondato su base scientifica: il mito è ciò che deve essere caricato di significato perché scaricato del significato all’origine; gioco perché il gioco è assurdo, contrariamente alla scienza, perché di per sé vuoto, pura struttura, masse che si aprono in quanto pura ampiezza, come fa la musica – struttura assente, musica per sordi, come da sempre è stata la musica autentica: il razzismo è un modo di vedere il mondo in quanto modo che è mondo solo come modo di giocare il gioco del mondo, cioè modo di vedere il mondo in quanto mondo da giocare.

Scienza è ciò che va sottoposta al principio che, di volta in volta, ne verifica le ipotesi, oppure le invalida; il mito è ciò che è destinato a ritornare, non essendo soggetto alla prova di validità – per questo il mito è pericoloso in quanto incontro con ciò che determina il pericolo. Il razzismo, nella forma del nazismo, ha rappresentato l’incontro con l’estrema pericolosità del mito, determinando, nella forma della rovina architettonica, ciò che è destinato a ritornare – che non comporta più il rispetto di ciò che è vero in quanto adeguamento a dottrina scientifica in un momento, ma adeguamento a ciò che è destinato a ritornare più volte nel tempo, che, a partire dalla forma della rovina, è ciò che chiama alla nuova battaglia.

Qualunque manifestazione possa allora avere la possibilità di “pensare diversamente”, bisogna considerare che, in qualunque manifestazione umana, vale sempre la domanda impostata da Nietzsche: “Perché la verità?”.

Che cosa ha stabilito, questo libro, prima della domanda fondamentale che esso ha posto: «Come si diventa razzisti?» Una risposta può essere: “per caso, ma solo sempre quando si è alla ricerca di qualcosa che è tutt’altro da quello da cui si era partiti”, vediamo che la spiegazione è già tutta nell’avvio di Jacques di Diderot – che è il punto più giusto per impostare il tema riguardante l’Illuminismo, domanda posta come domanda prima da Taguieff, eppure tema che conduce al superamento del cristianesimo, che vale in quanto superamento della metafisica. Per cui l’Illuminismo è sempre il punto giusto per porre questa domanda da un grande angolo giro di occhio di Olanda: “Che cosa vuole, questo bastardo di italiano, in Europa?”

Bort från Europa!” deve allora essere la risposta contro questa cosa (che è il bastardo italiano) che spinge e spunta, spina fastidiosa, cosa ormai da tutte le parti – ricordare ancora che la risposta dal punto di vista illuministico era la prima risposta proposta nel libro di Taguieff.

Il razzismo non si dimostra e non si difende, perché è ciò che si sente come viva cosa che cosa si vede di colpo saltare come tutto in cui non tutto ciò che vive ha più diritto alla vita – perché si riconosce che esiste la vita che è vita in quanto vita che è vita indegna di vivere, che è la cosa che adesso deve essere vista in quanto cosa vivente che costituisce solo forma che deve essere cancellata.

Il tema del superamento del cristianesimo è ciò che porta al tema della terra in quanto terra viva, che è ciò che porta a dividere essere vivente da cosa vivente, in quanto ciò che divide pura immagine di ciò che è vivente, così come gli esseri ilici nient’altro erano che pura immagine della forma divina riferita dallo gnosticismo – che è ciò che Heidegger ha indicato in quanto accaduto nei campi di sterminio nazisti, dove solo forme erano state annullate, senza che nessuno, contrariamente a quanto si cominciava allora a dire, fosse mai morto. Poiché quelle cose non potevano morire, così come non può morire mai pietra, quando viene annullata, spiccata, spaccata, spacciata, dissolta entro sua di petra petrosa scontrosa natura. Questo rimanda alla duplicità dell’oggetto, che è la cosa con cui noi comunemente siamo chiamati ad avere a che fare, perché è ciò che deve sottrarre la Cosa, con cui abbiamo a che fare solo appena una volta, quando dalla cosa con cui abbiamo a che fare comunemente, passiamo a la Cosa come incontro che l’Incontro si ha con la Cosa, che allora incontriamo solo nella Terra del Sacro, quando la terra non è che terra dove andare, in quanto terra dove andare è solo terra in quanto Terra del Sacro, perché è il Nord che chiama.

Anziché essere la cosa volgare che oggi si pensa essere, il razzismo è la cosa che ha a che fare con il sacro.

Sia chiaro: alle Fosse Ardeatine ci cago sopra, dritto come chiaro è che chiaro è che, se Nelson Mandela mi fosse capitato fra le mani, gli avrei rifilato la polpetta avvelenata diritto – che chiaro si meritava e che lo avrebbe fatto fuori in 4 + 4 = 8. Se al terrorista negro Nelson Mandela fosse stata data la polpetta avvelenata, del terrorista Nelson Mandela non si sarebbe mai più balbettato. Dico che Dante, da che mondo è mondo, mi ha sempre dato il voltastomaco.

Ma mai mi si venga a dire che il meticcio impesta la terra spostandosi, lungo verme, lungo terra lunga tutta, il meticcio sporca e azzanna la terra anche quando non sporca la terra, perché il meticcio è sporcizia: per questo il meticcio è ciò che deve essere fermato prima di ogni suo andare. Questo perché il meticcio non è la cosa che deve essere eliminata per quello che fa, ma la cosa che deve essere eliminata per quello che è, per cui salvare la vita a un negro è l’atto criminale di cui si dovrebbe essere chiamati a rendere conto.

Ma penso intanto si debba partire dal corpo falso corpo/uomo di Artaud, che implica l’arte di rinascere al mondo senza più madre né padre a seguito proprio, che è quello che è successo finora ai bastardi – che è ciò che avviene quando la lingua si configura come lingua che pone la differænza dalla parola. Ma qui bisogna rimandare alla lettura di Miguel Serrano: Che cosa vuole dire nascere là dove parlare di razza è come parlare di corda in casa dell’impiccato?

Quindi? Quello che è da affrontare è il tema filosofico dell’abitare la terra: solo la razza bianca abita la terra; razza bianca, ovvero razzismo, poiché il razzismo riguarda il modo di sentire la terra da parte della razza chiamata dalla terra ad abitare la terra, cioè la razza bianca, che è ciò che esclude la nozione moderna di “individuo”. Non esiste, né mai esisterà, razzismo da parte del negro o del meticcio, perché il meticcio o il negro non abitano la terra, ma occupano la terra così come una cosa occupa una cosa, oppure il meticcio e il negro trasformano ciò che occupano in cosa vasta sempre morta. Il razzismo è la scelta della terra che deve essere vista in quanto terra che è terra viva, cioè terra cosa cui spetta il diritto di scegliere il proprio abitantequindi la scelta della terra che cerca i suoi abitanti, quando gli umani avvertono la scelta della terra in quanto terra viva, mentre i meticci ne offrono soltanto la sonora beffa in scorza di pernacchia.

La musica del meticcio italiano Monteverdi ha molto in comune con quella del meticcio slavo Musorgskij; mi riferisco al tipo di approccio che un ascoltatore di razza bianca ha nei confronti di quella marmaglia di musica: è musica bella, eppure musica dotata di un qualcosa che deve tenere lontano quell’ascoltatore.

Noi tutti conosciamo il meticcio italiano Dante e il meticcio italiano Boccaccio, e puranco, dire oso, il meticcio italiano d’Annunzio (Gabriele Rapagnetta) e il meticcio italiano Pasolini (Pier Paolo finocchietto), ma possiamo dire, noi, che conosciamo il meticcio? Il meticcio è la beffa che l’età disegna sul muso che ci sghignazza davanti – conosciamo gli italiani, gli italiani di merda, che hanno impestato il mondo? Mai sia stalla, Europa, per bestiame di Allah, arabi o italiani; ma terra sia ove si stana e straccia a pezzi il Dio del nemico con la sua marmaglia – che è ciò che porta a pensare diversamente, che è quello per cui ci si era posti qui alla ricerca, come risposta posta dalla domanda del libro di Taguieff. Solo allora si avrà l’apertura del mondo in quanto mondo come mondo che è mondo da giocare, vale a dire modo di giocare il gioco del mondo. Terra d’Europa non è ciò che sta come città aperta d’Europa; quando come animali, famiglie zombie, cose portatori di caffettano, caracollano ne le città aperte d’Europa, che non è terra d’Europa: il portatore di caffettano maschio apre la fila con il suo palco bianco a vista, il portatore di caffettano femmina segue subito dietro, i portatori piccioli di caffettano cuccioli giungono ultimi in ciuccio all’uscita dell’ultimo supermercato nelle città, che è l’ultima città rimasta sul palco d’Europa.

Per usare adesso le parole di Nietzsche di tanto tempo fa, un negro deve essere, sì, aiutato, ma aiutato a morire.

Importante: che cosa spinge al razzismo? ciò che distingue, per natura, tra malattia e salute, ma se non c’è più questa possibilità di distinguere per natura, mi sa che è inutile tentare di inculcare questa possibilità.

Ma mi sa che ho smarrito il filo… Come deve essere profondo, oggi, ciò che è lo scrittore… dico “oggi”, che è ciò che determina lo scrittore che è solo lo scrittore che sarà scrittore di domani… profondo come è profondo, oggi, solo il sonno – che è il sonno della ragione, che è solo il sonno della nostra ragione.

Cazzo!, ho detto, o no, che a quei 335 bastardi di italiani delle Fosse Ardeatine ci cago sopra? Mica me lo ricordo! Così ora devo rileggere tutto dico tutto quanto questo post (cazzo!)

Via dall’Europa, l’italiano di merda! Via dall’Europa, l’italiano!

L’Europa alla razza bianca d’Europa!

Ho tirato abbastanza la catena del cesso su quel bastardo di italiano di Dante del cazzo? Eppure il nome di quel bastardo di italiano di Pasolini Pier Paolo l’ho più volte pur fatto: che cosa vuole, quel bastardo di italiano, in Europa (Pier Paolo finocchietto)? mi viene da chiedere. Tanto è che lo dico a proposito di quel bastardo di italiano di merda, che me lo trovo sempre davanti, ma ogni volta è come non lo avessi mai detto; per cui ogni volta mi trovo a chiedere: che cosa vuole questo bastardo di italiano in Europa, col suo muso di ramadan? che cosa vuole, ogni qualunque bastardo di italiano, in Europa, col suo muso di ramadan? ma forse è proprio questo che non ho detto abbastanza. Mi sta bene.

Pierre-André Taguieff, Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti, traduzione di Federica Sossi, Raffaello Cortina Editore, Milano 1999

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