Albert Camus, Lo straniero

Tema: Lo spazio

Possiamo dire di conoscere la letteratura moderna nel luogo in cui ci troviamo a stare? La letteratura moderna, nella forma dei suoi classici, deve portare a pensare quello che, dentro la spicciola forma della letteratura moderna, si fatica a riconoscere come movimenti all’interno di uno spazio appena composto per quella nuova forma di letteratura, che è la letteratura moderna, perché la letteratura moderna soggiace a un tipo di oscuramento dello spazio del tutto moderno e del tutto letterario, che noi, adesso, non siamo più in grado di riconoscere in quanto tale, cioè in quanto oscuramento, ma che una lettura attenta relativa agli spazi messi in gioco da quella letteratura può aiutarci a cominciare a riconoscere. Così può essere utile rileggere Lo straniero di Albert Camus, partendo da questo punto di vista: il teatro, in quanto forma venuta da fuori, è la forma che può permettere di impostare questo discorso, visto che questo testo, per quanto in forma di romanzo, comporta comunque quel qualcosa giunto da fuori, anche per la sua ambientazione (l’Africa di Algeri); lo spazio in cui il personaggio protagonista di questo romanzo, frutto di quello spazietto dove il protagonista si trova a muoversi – indicativamente sul suo stretto balcone.

Di che cosa viene accusato Meursault, il protagonista del romanzo Lo straniero di Albert Camus, nel processo che lo vede accusato per la morte di un arabo? Di due cose: estraneità nei confronti della morte della madre (egli non ha voluto vedere il corpo chiuso nella bara, chiedendo che la bara rimanesse sempre chiusa durante la veglia funebre; non ha dimostrato dolore durante tale veglia ed è partito subito dopo la tumulazione, senza nemmeno fermarsi a pregare un poco sulla tomba), alla quale si contrappone l’attiva partecipazione nella morte dell’arabo, che lo ha portato a esplodere altri quattro colpi di pistola dopo che il primo era già servito a rendere inoffensivo l’arabo, se non ad ucciderlo, quindi ad esplodere almeno altri quattro colpi su quella cosa che ormai era solo la carcassa di un arabo su una spiaggia d’Africa.

Il protagonista del romanzo La nausea di Sartre si mischia con la folla di Bouville (la prima “Domenica” del diario) e poi nel museo (il secondo “Sabato” del diario), quando si mischia con i ritratti dei grandi uomini di Bouville. In mezzo a questo suo andare e mescolarsi c’è il rapporto con l’Autodidatta, l’omosessuale che non ha diritto a uno statuto ufficiale, perché l’unico statuto che può ottenere è quello, non ufficiale, che porta al disprezzo generale. Il protagonista de Lo straniero vede la domenica come giorno di festa celebrato nel quartiere dall’alto del suo balcone, dove si siede per passare il tempo nella giornata in cui non ha nulla da fare. Quando il protagonista del romanzo La nausea solleva il corso, impedendogli di picchiare ulteriormente l’Autodidatta, ma senza picchiarlo a sua volta, non sa spiegare il motivo per cui lo abbia poi lasciato andare, così come Meursault non sa spiegare il motivo per cui abbia infine sparato all’arabo. Il corso del romanzo La nausea ripete qualcosa del personaggio che, nel romanzo Lo straniero, occupa la posizione dell’arabo, cioè un francese a metà. È possibile parlare, sulla scorta di Conrad, di «fantastic invasion»? Entrambi i romanzi hanno a che fare con l’Altro: il protagonista della Nausea ha a che fare con i borghesi di Bouville, e il suo strano altro nascosto, che è l’Autodidatta, l’omosessuale, il protagonista de Lo straniero ha a che fare con gli altri nascosti, gli arabi, che stanno su quel lembo di luogo d’Africa dove i francesi sembrano farla da padroni.

Ma entrambi i romanzi hanno a che fare con altri romanzi, che invece chiamano – nel tempo – la rivolta degli schiavi, come ad esempio continua a fare il romanzo Benito Cereno di Melville.

Estraneità verso gli oggetti del mondo. Anche il corpo della madre era un oggetto del mondo, tra i tanti oggetti del mondo. Il mondo è solo l’insieme degli oggetti del mondo.

Se l’estraneità consiste nel non vedere il nemico di razza, allora per che cosa è condannato il protagonista del romanzo Lo straniero?, per non avere rispettato il suo ruolo di spettatore all’interno di quello che doveva essere solo uno spettacolo. In che cosa consisteva, o avrebbe dovuto consistere questo suo ruolo? Nel rimanere seduto mentre lo spettacolo aveva luogo sul palco davanti a lui. Il fatto di “avere luogo” non comporta la presa di un luogo (di una terra). Quando M è rimasto seduto ha comunque impedito lo svolgimento dello spettacolo per gli altri intervenuti alla cerimonia, avendo egli chiesto di non aprire la bara. La bara aperta, cioè l’esibizione del cadavere, avrebbe rappresentato lo spettacolo per coloro che erano lì intervenuti, che si sarebbe spalancato come si spalanca lo spettacolo quando si alza il sipario. Ma M ha chiesto di non alzare il sipario, cioè di non scoperchiare la bara. Perché M sembra così indifferente alla morte della madre? Perché è così indifferente quando uccide l’arabo? Se c’è astio nei confronti della madre, questo può essere visto nell’averlo fatto nascere in quel limbo di terra infuocata; se c’è indifferenza verso l’arabo che uccide, questo riguarda quel lembo di terra in cui si trova a stare, e di cui egli non è responsabile.

Come spettatore ai funerali della madre, il suo ruolo veniva accettato; nel momento in cui ha ucciso l’arabo, egli è stato accusato di aver prevaricato il suo ruolo, che, da spettatore quale era, e che al funerale della madre egli aveva rispettato, lo ha condotto ad un ruolo completatamene diverso, non più di semplice spettatore, ma di “attore” fra spettatori che avevano il ruolo di “spettatori”. In quanto “attore” fra attori egli ha prevaricato il proprio ruolo, che era di semplice spettatore fra attori. È questo che ha determinato la sua condanna a morte per decapitazione: egli si è staccato dal suo ruolo, quindi la sua testa deve essere staccata, per pareggiare, con un rispetto alla legge, ciò che ha segnato il non rispetto della legge. Meursault è accusato di non aver rispettato il suo ruolo di spettatore, da cosa arriva questa accusa? dal fatto di aver ucciso l’arabo, passando dal ruolo di spettatore, a lui confacente, a quello di attore, per lui non previsto.

Ma perché il suo ruolo era di semplice spettatore? Che cosa lega il rifiuto del rispetto della salma della madre alla indifferenza dimostrata nell’uccisione l’arabo? Nient’altro che che la «fantastic invasion», che il processo che occupa la seconda parte del romanzo Lo straniero sembra non tenere in nessun conto.

Lo straniero è diviso in due parti, che riguardano: prima dell’uccisione dell’arabo e dopo l’uccisione dell’arabo. Il processo stabilisce la sua colpa. In che cosa consiste questa colpa? Nel non aver rispettato il proprio ruolo, che era quello di estraneità, cioè di straniero. Nel momento in cui egli era seduto (a livello della bara della madre, a livello del balcone di casa sopra le persone che si muovevano in quel quartiere occupato, come sembra, solo da francesi), egli rispettava il suo ruolo di straniero a quanto avveniva davanti o poco sotto di lui; nel momento in cui è intervenuto, alzandosi in piedi e abbandonando la sedia/poltrona di teatro, egli ha potuto compiere il delitto: da spettatore è diventato attore, cioè ha ucciso l’arabo, la cosa che quello spettacolo, però, voleva nascondere. In quel momento egli non era più “straniero”, ma era “partecipe”, che non comporta il non essere più “straniero”.

È importante il fatto del pianerottolo, cioè i suoi due vicini di pianerottolo, che scatenano l’azione elementare di alzarsi dalla poltrona. I rapporti di M con i due vicini di pianerottolo sono improntati inizialmente alla forma dello “spettacolo da contemplare”, nel senso che M sta a sentire quello che ciascuno dei due gli racconta senza intervenire di sua propria iniziativa (M scrive la lettera per conto di Salamano ma solo su precisa richiesta di quello). Nel caso dell’arabo, M agisce invece di propria iniziativa, ammazzandolo.

Chi sono i suoi due vicini di pianerottolo? Salamano, che vive con un cane che picchia con grande facilità e che infine gli scappa sperdendosi per le strade, e Raymond Sintès, che sembra vivere facendo prostituire le donne con le quali stabilisce una relazione affettiva solo per il proprio interesse. La sorte di Salamano è causa, da parte di M, di una leggera empatia per quanto riguarda il cane, mentre la sorte dell’altro vicino di pianerottolo lo coinvolge fino al punto di uccidere l’arabo fratello della ragazza picchiata dal francese.

Così noi ci possiamo chiedere: che cosa lega, su quello stesso pianerottolo, il cane e l’arabo, che sono le due forme autoctone di quel luogo, dove la Francia ha realizzato una propria fantastic invasion?

La situazione è già chiara all’inizio: lo spettatore rispetta il suo ruolo di spettatore, ma interviene, in un primo tempo, per evitare agli altri l’oggetto dello spettacolo, cioè lo scoperchiamento della bara; successivamente, egli commette un’altra e ben più grave infrazione al proprio ruolo di semplice spettatore, quando interviene come attore nella lite tra l’arabo e il francese, suo vicino di pianerottolo, che egli conosceva appena, uccidendo l’arabo e infierendo sulla sua carcassa.

Forma concisa: M poteva offrire il pieno spettacolo scoperchiando la bara, ma non ha voluto farlo, legandosi a una forma ridotta di spettacolo, nella quale egli è rimasto compostamente seduto, come un qualunque altro spettatore. Quando poi è stato coinvolto nella lite con l’arabo, M ha comportato la violazione di spazio, cioè la vera invasione di campo, saltando – per così dire – dalla platea al palcoscenico e facendo secco l’arabo.

Questo romanzo si svolge compostamente tra due carcasse: la carcassa chiusa nella bara su cui il protagonista non vuole alzare il sipario per il tempo che lo riguarda, e la carcassa dell’arabo su cui il protagonista in modo automatico infierisce quando non avrebbe dovuto in alcun modo intervenire.

Se il tema è lo spazio, bisogna indicare che cosa occupa questo spazio in cui il romanzo, che leggiamo, trova la sua temibile sostituzione. Il romanzo è ambientato in Algeria, dove, leggendolo, sembra che scarso peso abbiano gli arabi, mentre peso rilevante sembra abbiano i francesi, che in quel luogo hanno effettuato la fantastic invasion (?). Il processo a cui viene sottoposto M non considera la fantastic invasion, ma considera gli spostamenti di M in quei luoghi dove egli, a causa dell’essere nato da quella donna, si era trovato poi a restare, nonostante la proposta di trasferirsi a Parigi (I/5). Appunto malgrado ciò M ha a che fare con un arabo, e questo arabo sarà per lui ciò che lo farà passare dal ruolo di spettatore al ruolo di “attore”.

Il fatto di avere indicato il termine attore tra virgolette richiama il fatto che il teatro, con tutto ciò che lo riguarda, è cosa che viene da fuori, così come M, in quanto protagonista del romanzo Lo straniero, lo si è visto, in un primo tempo, spettatore di uno spettacolo teatrale che egli ha in qualche modo negato, e poi lo so si è visto ripudiare il ruolo di spettatore entrando in scena, fino ad uccidere trionfalmente l’arabo. M è così lo straniero in quanto spettatore del teatro, quando il teatro è ciò che è il vero straniero, ma nel momento in cui i francesi sono stranieri in Algeria, luogo nel quale, tuttavia, essi sembrano comportarsi, se non da padroni, almeno da spettatori irriverenti, invadendo il palcoscenico e modificando il ruolo delle forze, ma tenendo ferme le regole del teatro, che è ciò che, comunque, viene da fuori – loro malgrado. Per cui l’invasione di spazio va punita. Che cosa comporta l’uccisione dell’arabo da parte di M? L’arabo era solo una cosa senza importanza, ma per la giustizia vigente allora, in quel luogo, portata dalla Francia in Algeria, la vita di un arabo è una cosa che importa, per cui M viene condannato a morte.

Ma la condanna a morte di M non equivale alla condanna a morte del negro Babo nel romanzo Benito Cereno, di questo ce ne rendiamo subito conto noi, lettori dei due romanzi. La questione che si pone è la questione della relazione tra il tempo e lo spazio, per cui dobbiamo porci la domanda: conosciamo la relazione che c’è tra un meticcio e lo spazio?, ma anche tra la questione delle carcasse di questi meticci di cui i due romanzi trattano: la carcassa del negro Babo, di cui tratta il romanzo Benito Cereno, ma anche la carcassa della madre di M, che ha fatto nascere il figlio in Algeria, poi la carcassa dell’arabo e infine la carcassa di M stesso, protagonista del romanzo Lo straniero, dopo che egli è stato condannato a morte per l’uccisione di un arabo.

Il punto da cui affrontare Lo straniero è la «fantastic invasion» chiamata in gioco da Conrad a proposito del suo romanzo Heart of Darkness. Che cosa comporta leggere Lo straniero a partire da quella definizione che richiama una “strana/bizzarra invasione”? Di applicare il principio del teatro, che impone di stare seduti per seguire/eseguire uno spettacolo che presenta il mistero di una fantastic invasion come spettacolo solo da guardare, mentre il protagonista del romanzo, a un certo punto, salta sul palco e modifica di suo punto lo spettacolo, poiché la definizione fantastic invasion, applicata a quello spettacolo, è ciò che non lo convince, muovendosi egli in una terra che non lo ha mai convinto. In realtà non si era mai parlato di una invasione, ma il protagonista si comporta come se dovesse ristabilire un diritto su una terra, quando nessuna invasione aveva stabilito un diritto su quella terra, che nemmeno doveva essere una terra, ma solo un palco giochi. Sappiamo che questo personaggio/spettatore si era già fatto notare come spettatore irriguardoso al mondo del teatro nel momento della veglia della madre, quando aveva chiesto di non aprire la bara, aveva cioè impedito lo svolgimento regolare dello spettacolo, consistente, da parte degli intervenuti alla cerimonia, nella contemplazione del cadavere. Il teatro è qualcosa che viene da fuori. La «fantastic invasion» non è una invasione a tutti gli effetti, ma è qualcosa che non richiede interventi da chi deve stare seduto in platea, davanti allo spettacolo garantito dal momento dell’apertura del sipario, a cui si deve solo assistere e lasciare assistere. L’Algeria del romanzo Lo straniero è un luogo che si presenta come un loco ad uso dei francesi, posto che i francesi la osservino come da un posto a teatro, che equivale ad un posto su una sedia sulla quale si deve stare. Quando infine il protagonista viene condannato alla pena capitale tramite ghigliottina, questo è ciò che fa sì che noi dobbiamo porci la domanda: Conosciamo il meticcio (domanda che riguarda anche il meticcio italiano) a partire dalla sua carcassa – come ad esempio succede nel romanzo Benito Cereno a proposito della carcassa del negro Babo? Questa è la domanda da PORCI, cioè la domanda che noi, porci in quanto lettori, porre alfine ci dobbiamo. Vale a dire che è la domanda attraverso la quale dobbiamo impostare la questione dello spazio. Un romanzo si colloca in uno spazio, ma lo spazio è, in questo caso, lo spazio che non fa riferimento allo spazio dove quel romanzo viene letto, perché quello spazio non fa mai riferimento ad una terra che è stata presa e che quindi non può chiamare il tempo per una rilettura. Il meticcio è solo ciò che occupa la terra, oggetto o no di una attenta tutela giuridica; quando il meticcio muore, si deve invece pensare allo smaltimento della carcassa che è solo ingombro – questo perché il teatro è ciò che viene da fuori e la carcassa del meticcio (meticcio italiano prima di tutto) è ciò che pesa sulla terra come l’ingombro da smaltire.

Che cosa è l’arabo ucciso? Questo pone la questione dello spazio tra platea e palcoscenico. Poiché il protagonista, per uccidere l’arabo, deve saltare dalla platea, dove aveva il suo posto, al palcoscenico. L’arabo è tutto, in questo romanzo, fuorché una cosa intesa come una riunione di più cose. L’arabo è infatti la cosa che non è una cosa, che è ciò che ha voluto la Francia, addossandosi il compito di quella penosa riproposizione della fantastic invasion. In questo romanzo una assolata indifferenza prende il luogo di ciò che avrebbe dovuto accompagnarla: la grande ondata di disprezzo, ma che invece non si presenta. Il breve romanzo di Conrad dimostra il grande disprezzo verso i negri nell’appunto, feroce e indifferente, lasciato quasi per caso da Kurtz, che suona da allora come l’allarme immortale per tutti gli abitanti della terra: «Exterminate all the brutes». Niente di tutto questo avviene nello Straniero. Vediamo infatti il protagonista seduto davanti alla bara della madre, tenuta chiusa per sua volontà, durante la veglia funebre; vediamo poi lo stesso personaggio alzarsi dalla sua “poltrona di teatro” (= terra d’Algeria) e uccidere un arabo con la stessa indifferenza del passo compiuto che dalla poltrona lo porta al palco. Eppure l’indifferenza è una cosa che giunge da lontano col suo barchino sbilenco, in quella spiaggetta assolata, che non era una terra, ma era appena una cosa che non era una cosa, una terra mai stata presa, un luogo dove gli è capitato di trovarsi e stare e anche decidere di stare.

Tanto nel tempo quanto nello spazio, si ha a che fare con carcasse da sistemare da una qualche parte, questo è ciò che riguarda la carcassa del negro Babo, la carcassa della madre del protagonista che lo ha fatto nascere in Africa, infine la carcassa che questo protagonista lascerà dietro di sé; la carcassa è quello che, ciò che non è mai nato, lascia ad un certo punto dietro di sé, una volta che non è più in vita, come peso solo da smaltire – ricordate quello che diceva Heidegger riguardo alle cose annullate nei vari campi di sterminio nazisti? – come traccia di una falsa insegna che lo ha illuso di essere in vita, come qualcosa da seguire, nel luogo qualunque dove per caso si è trovato a nascere, ma luogo che mai lo ha chiamato, perché la terra è proprio la cosa che non chiama mai il meticcio come suo abitante, e in questo Meursault si conferma, giustamente, “straniero”.

Albert Camus, Lo straniero, traduzione di Sergio Claudio Perroni, Bompiani, Milano 2017

Jean-Paul Sartre, La nausea, traduzione di Bruno Fonzi, Mondadori, Milano 2014

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