Pierino. Un monumento

L’eroe nazionale d’Italia è, da sempre, stato Pierino: la sua nascita è nel campo di battaglia della barzelletta; trovato sotto un cavolo, l’etimologia della parola italiana “barzelletta” è incerta; cosa figlia di nascita incerta, Pierino presenta appieno il carattere nazionale della maledetta itala razza dalle molte sue vite deformi, che è in pieno ciò che costituisce una volta antirazza: ignoranza, estroversione, cosa comparsa per caso, possibilità di essere ciò che si sente consegnato all’ignoranza in quanto ciò che segue la vocazione dell’ignoranza, cose tutte che hanno il precedente illustre entro Calandrino del Decameron del meticcio italiano Giovanni Boccaccio. A chi è lasciato solo tra le parole, si oppone Pierino, che ha solo parole per fare il gioco suo delle tre carte per imbrogliare chi si trova a passare lì per caso. Questa è l’Italia. L’Italia non c’è mai stata, e l’eroe, in Italia, non c’è mai stato e mai può esserci. La differenza tra comprendere o no la musica consiste nel sapere che cosa verrà dopo – che è questione di tautologia, bene stabilita da Wittgenstein. L’Italia è il monticello di spazzatura che trasforma ciò che vi si posa in triste barzelletta, è per questo che io non racconto mai barzellette, perché odio il monticello di spazzatura, altrimenti da qualcuno nominato Italia, ove un becco di cicogna qualunque mi posò, destinazione fagotto da me non indicato – la narrazione è sempre un falso. “Barzelletta” è parola che lega ciò che è italiano alla sua origine? L’Italia è un piccolo tetro tutto sporco teatrucolo qualunque tratto appassito su senza palco, senza quinte, senza sipario, meno che mai adatto a chi voglia trarsi in mostra. Quando parliamo di favola, non dobbiamo dimenticare la maledetta Italia – ma sia chiaro che, ai cosiddetti “crimini di guerra nazisti in Italia” (bim bum a quel di Marzabotto, bim bum bam a quel di Sant’Anna di Stazzema), io ci cago sopra. Il monumento mai realizzato a Pierino quale eroe della maledetta Italia nella maledetta Italia si gemella con il monumento dei bulli nella via Pál a Budapest; il monumento non realizzato a Pierino si oppone a quello realizzato da Eugenio Baroni alla spedizione dei Mille maledetti spartiti in Genova Quarto dei Mille, che rappresenta la resurrezione dei martiri italiani (italiani = scarafaggi africani) che si raccolgono intorno alle ali di Garibaldi (italiani = scarafaggi africani), il monumento a Pierino (italiani = scarafaggi italiani) deve invece rappresentare la penetrazione nella terra da parte di ciò che non esiste, cioè la maledetta Italia una volta per sempre per tutte (italiani = scarafaggi africani): la penetrazione nella terra da parte del progettato monumento a Pierino è in realtà il buco nell’acqua nato morto, storto strozzato tutto al quale il monumento non realizzato a Pierino si oppone a quello realizzato da Eugenio Baroni alla spedizione dei Mille maledetti, mille volte italiani di merda, che rappresenta la resurrezione dei martiri italiani (italiani = scarafaggi africani) che si raccolgono intorno a don Garibaldi José (italiani = scarafaggi africani), il monumento a Pierino deve invece rappresentare la penetrazione nella terra da parte di ciò che non esiste (italiani = scarafaggi africani); là dove d’Annunzio, nella sua celebrazione a Quarto, parlava di un monumento-nave pronto a slanciarsi e salpare un’altra volta (n’âtra vòtta) dallo scoglio maledetto di Genova che poi diventerà “Quarto dei Mille”, liscio in mare violato da color viola a color d’oliva (Italiani bastardi). Ogni spostamento degli italiani nel mondo è un modo per impestare il mondo; l’Italia può solo impestare il mondo, infatti da qualche parte devo avere letto: “un bastardo può solo imbastardire”, ma, min kappa, non ricordo più dove. Gli italiani hanno impestato il mondo. Mosso una volta in movimento, il resto ti move buono incontro da sé. L’ignorante chiede solo ignoranza come posto suo proprio dove stare, che è solo ambiente, perché non ha mondo. Il monumento a Pierino è allora la rappresentazione della realizzazione di un piccolo buco nell’acqua. L’ignorante chiede solo ignoranza dove poter stare, le vibrazioni lasciate nella terra che avvelenano la terra sono l’occupazione della terra da parte di ciò che, per specie sua, non è mai chiamato ad abitare la terra (italiani = scarafaggi africani). È l’Italia la barzelletta che non deve più fare ridere, cioè avere loco ove scampare – questo perché noi abbiamo a che fare con la cosa fissa che è il meticcio italiano nel mondo e anche Žižek ha affidato il suo pensiero alla nuvoletta di una barzelletta.

Ci muoviamo tra bluff e considerazione dell’altro – ma la questione dell’altro la dice già lunga. È come ciò che nasce con il meticcio italiano Gabriele d’Annunzio. Il bluff è maschera. D’Annunzio era un bluff; non c’era un poeta, ma c’era un meticcio, ben consapevole della questione del meticciato. Cioè della nuvola. Per comprendere d’Annunzio bisogna porsi dentro la questione del meticciato. Gli italiani sono solo meticciato, non meno dei cileni di Miguel Serrano. Ma gli italiani sono la verità del meticciato – quindi d’Annunzio, in quanto pupazzetto bluff, ha rappresentato la verità su quella cosa bluff che è il “popolo” italiano. Una razza ha un poeta, che indica il destino della razza nella lingua di quella razza, che è il tesoro della razza, a cui solo un poeta ha accesso; un meticciato non ha un poeta, ha soltanto dei parolieri, che vanno avanti facendo man bassa di parole. Per me il meticciato è una cosa viva, è per questo che parlo di far morire il meticciato. D’Annunzio è stato il grande paroliere del meticciato italiano, ben consapevole di essere questa pessima cosa – leggetelo in questo modo e d’Annunzio sarà chiaro.

Con le sue antenne attente di scarafaggio (tin-tin-tàn), il meticcio italiano Gabriele d’Annunzio ha l’umiltà di ciò che non si sente chiamato in nessun punto del mondo (per lui, niente mondo, bara ambiente). Il meticcio italiano è ciò che le parole non possono mai trascorrere, perché il meticciato è ciò che non ha lingua – laddove la lingua è, invece, il tesoro della razza – per il resto valgono le antenne di uno scarafaggio di cui ogni meticcio italiano viene fornito. Gli italiani, in quanto meticciato, sono quella cosa che nel mondo non deve mai essere data la possibilità di esistere. “Dante_Go_Home” è allora la parola da cesso che non ha bisogno d’esser chiesta, per cui ribadisco io: Dante, porco Dio, vattene via. Ma l’uomo non sarà mai padrone del mondo – perché di questo si tratta – finché non considererà a chi spetta il diritto il vivere nel mondo: dietro Dante c’è il meticciato semita (altrimenti detto islam); dietro quello che scrivo io, c’è la razza bianca. L’eroe chiocciola come eroe italiano che deve schiacciato, affinché non ritorni mai più il mito di Enea galuscio giunto giovane già d’Africa.

L’Italia è tutto quello che, ciò che è di razza bianca, dovrebbe odiare, prima di tutto: l’Italia è quella cosa verso cui, ciò che si ritiene di essere parte d’Italia, non deve avere memoria, al massimo appena un museo vicino al punto dove è avvenuta la fine di ciò che, malauguratamente, fino ad un certo punto, è stato, per un certo tempo, la maledetta Italia. L’Italia non deve essere ricordata con monumenti. Se c’è bisogno di un monumento, allora non si parla di maledetta Italia, ma di altro, come l’indagine degli antropologi alieni nelle parole di Jameson che cercano di capire la Terra in base al luogo dove erano capitati loro malgrado: Auschwitz lì per caso in quel caso del cazzo che ha comportato loro l’atterraggio. Infatti qui non si tratta di “mettersi in gioco”, affidamento facendo su l’Io, ma di impostare il nuovo gioco del mondo, che sarà fare del mondo il soggetto del gioco del mondo, dove non tutti, fra quelli che sono al mondo, devono avere l’aparte. Vediamo meglio: un monumento a Pierino (italiani = scarafaggi africani) potrebbe essere un misto del Manneken-Pis locato a Bruxelles con l’abito armatura di un artista di strada qualunque, che all’improvviso schizza turisti quando li ha intorno a lui tutti con piscio che è vivo solo in quanto più che vera Skräpkonst, cioè come ho creato io la parola – ma in segno di disprezzo verso il meticcio italiano. Questo è il meticcio italiano nel mondo.

La possibilità di un eroe nazionale dovrebbe segnalare non solo la possibilità di ciò che deve essere continuato, ma anche di ciò che deve essere fermato, cioè abbattuto (non so in quale altro modo dirvelo). Solo così l’eroe ha la sua completa funzione nella comunità che rappresenta. Avere soppresso degli italiani nel corso di una guerra è una cosa deve essere piuttosto elogiata, piuttosto che condannata (porco Dio, con gioia dico io! In culo a Marzabotto e a Sant’Anna di Stazzema).

Pierino non ha loculo porco suo, così come l’Italia non ha spazio porco posticcio suo nel mondo porco che, in quanto meticciato, quello ha contribuito a creare, ma l’Italia è quella vecchia porca mille volte camuffata cosa che può essere indicata, vecchio mucchietto di pietre porche che la macina della cosiddetta “letteratura italiana” può in un batter d’occhio trasformarti in vecchi mucchietti ammanniti di parole (Oplà, noi campiamo!), così come un vecchio dito pesto posto presto sopra mappa può indicare ciò che c’è, non essendoci però stato mai; così come Pierino è ciò che è sempre stato non essendoci mai stato mai (Italiani = scarafaggi africani).

Pierino è l’eroe porco trasversale, che da Calandrino del pessimo Decameron del meticcio italiano Giovanni Boccaccio (scarafaggio africano), porta ai pessimi film con Alvaro Vitali e del finocchietto Pasolini (bastardo di italiano), attraverso quello spazio che non c’è – la pessima Italia di tutti gli scarafaggi africani buttati nel gioco della fama (Italiani = scarafaggi africani), infatti, non può riconoscersi in una letteratura nazionale, perché comunque l’Italia è quella cosa che non esiste, ma che pure esiste come massa che non dovrebbe esistere, carcassa gonfia giunta a scoppiare che, in time-laps, sembra tornare a respirare come viva: Lovecraft ha presentato questo stato della terra come il contrattempo della terra occupata dai nativi americani o dai coloni europei non di razza bianca (il meticciato italiano, il meticciato spagnolo, il meticciato greco, il meticciato slavo), cioè dal meticciato che ha da sempre infestato l’Europa e poi ha infestato l’America; la terra così occupata è la terra infestata dalle vibrazioni che hanno il buio di mille soli chiusi bui sprigionati nello sgabuzzino buio, prima che il bagliore di mille soli sorti insieme la chiamasse al lampo d’annullamento, bomba, per cui l’Italia ha la particolarità della Miskatonic Valley di attirare il grande male assoluto, ad Arkham, dove le larve dei primi maledetti occupanti di quelle zolle desolate (italiani = scarafaggi africani), tristemente galleggiano.

Ma quello che manca – porco Dio di un’Italia, mormoro io – è l’odio nei confronti di ciò che è italiano, cioè l’odio nei confronti del meticciato: l’Italia, questo rozzo spunzone della mal Africa, ha spuntato all’Europa molto di ciò che era vera Europa; l’Italia è quello sputo d’ambiente malamente tratto tra Africa ed Europa – non è Europa e non è Africa, ma è più Africa che Europa: se Pierino è l’Italia, allora l’Italia è Pierino che imita il Professore, come segna Lem con straccio suo di sagoma scritta nel bicorpo stretto nell’Eden di suo straccio di pianeta ben marsupiato in straccio di commento di Jameson. Per cui il monumento a Pierino nella maledetta Italia è il monumento a Pierino che imita il Professore, cioè il monumento al bicorpo indicato dal romanzo di Lem nel triste suo Eden suggerito.

Pierino è l’unico personaggio, italiano maledetto, che permette di collegare tutto ciò che è italiano per maledizione sua; contrattempo: Pierino non esiste come personaggio letterario, così come non esiste la maledetta Italia di cui io parlo sempre come nazione, ma appunto per questo il maledetto personaggio <Pierino> può rappresentare la maledetta cosa che si dice <Italia>, pur non esistendo, ma che tutti possono indicare su qualsiasi carta geografica sopra mettendoci appena piccolo loro duro ditino lungo rigido: cioè indicando l’Italia con lo spillo di un punto su una mappa, che è quello che la maledetta Italia è sempre stata ferma lì apposta, tra Africa ed Europa (a indicare quel ciocco di sputo che gli italiani sono sempre stati: Italiani = scarafaggi africani), così come non esiste la barzelletta, se non bavetta di ciò che non esiste (questa è la ragione per cui io non racconto mai barzellette), ma esiste la maledetta Italia – che mille dèi, sorti insieme nel cielo, stramaledicano la mille volte volte da me maledetta Italia creatura del buio assoluto.

Pierino è il cervellino minuscolo di un meticcio italiano di tipo antropologico suo, creato per giammai pensare di progredire, e mai è infatti progredito: stoppato lì, essere fatto fugacemente, Pierino è il cervellino che è soltanto venuto al mondo, non è mai stato da nessuna parte, non ha mai letto un libro, non ha mai pensato un pensiero, ha solo stoccato in sé piccole tante nozioni che snocciola veloce quando appena gli arriva il comando: il baccello che rivela gli invasati – Pierino è il punto fantasma che indica la maledetta Italia sulla mappa, per cui il monumento a Pierino dovrebbe essere il monumento idiota che non c’è, vale a dire il monumento che attira l’attenzione del turista o della persona che ritiene quel “monumento” punto interessante che merita il suo avvicinamento – che implica inglobamento assoluto, come il cambio di gravità in un buco nero, quindi un anti-monumento, che potrebbe anche essere il Monumento al Nulla – ma può mai essere pensato, dico io, un monumento di questo tipo? Pensiero d’Italia, pensiero di mafia, pensiero alla barzelletta?

Noi sappiamo di un mondo dove esiste il meticcio italiano e lo possiamo indicare sopra qualunque piccola mappa del cazzo che ci venga squadernata davanti a vanga. Porco Dio. Il più piccolo meticcio italiano del cazzo è per noi Pierino. Pierino è ciò che muove Pin sulle creste come folle partigiano che corre da qui il richiamo alla illusorietà di scienza sua del cazzo. Pierino/Pin (Partigiano del Pin) è ciò che deve essere abbattuto con un colpo preciso da un cecchino, lontano da lui chilometri (italiani = scarafaggi africani); l’eroe non è una illusione perché la scienza stessa è illusione: infatti noi possiamo parlare di Pin de la Carcassa (della maledetta Italia), anziché di Pin l’Eroe (della maledetta Italia del cazzo). Chiunque, in Italia, può conoscere un Pierino del cazzo del porco Dio d’Italia (dell’Italia del cazzo). Infatti l’Italia è solo un caso della Miskatonic Valley di Lovecraft, perché intorno all’eroe tutto diventa tragedia, e intorno all’antieroe tutto diventa romanzo – mentre intorno al dio che è imbecille tutto diventa ambiente del meticciato, del disgustoso meticcio italiano prima di tutto (Italiani = scarafaggi africani), cioè del nostro Pierino, che qui rivela, a quanto pare, (bastardo di italiano) la sua pretesa al monumento (italiano bastardo).

L’Italia non ha mai creduto nell’eroe del romanzo perché non ha mai creduto nella poesia, cioè nel gioco della parola attraverso la lingua che porta al gioco delle perle di vetro – che è il grande gioco. Perché una cosa come Musil non è stata possibile nella maledetta Italia del cazzo? Purtroppo l’Italia ha avuto qualche genio nella letteratura (porco Dio, dico io), ma questi non hanno mai capito cosa fare di quel talento giunto loro lungi tanto per caso da qualche parte – cioè senza terra dove allignare.

Questo perché l’Italia è solo meticciato. Essere meticciato è il modo peggiore di buttare via le cose solo per battere soldi in cassa. Un paese di meticci non ha eroi, perché non solo non è un paese, ma nemmeno ha abitanti reali, solo “esseri fatti fugacemente”, come li chiamava il mio amico Daniele Paolo Scherebba. Nessun italiano ha mai creduto nella poesia, così come non ha mai creduto nel romanzo. Considerate la tratta Hölderlin – Musil: il caso di Manganelli dimostra che, quando dentro la maledetta Italia si nasce dotati, meglio battere grano, chiudere cassa; mai pensare di tornare a completare ciò che si è lasciato non finito e infatti giustamente Eco ha ribadito da qui sempre la sua: “Io sono l’Eco, e voi non siete un cazzo” – ma questo è già di per sé la barzelletta del meticciato da cui tutto tratto ha l’iniziamento tanto storto suo (e che io non racconto, perché non racconto barzellette), perché se il meticcio italiano esiste solo così, come Eco, che è l’eco, è perché Eco è solo la triste eco del meticciato, che ha sempre impestato il mondo (italiani = scarafaggi africani), cioè l’eco di un’eco che doveva già essere spenta e gli scarafaggi italiani sono solo ciò che ha impestato il mondo con Dante e Boccaccio, che è solo arte degenerata, perché esiste l’arte degenerata solo perché esiste, e viene lasciata esistere, la razza degenerata, che è ciò che deve essere tolta dal mondo.

Ohibò!, un monumento a Pierino sarebbe il monumento all’Eco che si affievolisce sempre più in eco dell’Eco (italiani = scarafaggi italiani – che è quello che non si può più dire). L’Italia deve riconoscersi in un personaggio di barzelletta (e io non racconto mai barzellette). Solo in una barzelletta un italiano può pensare di essere eroe, che sarà in quella occasione il vero eroe: tutti sanno che gli italiani sono per natura vigliacchi, che hanno la flatulenza cauta che scatta nell’essere nella storia solo nel punto che scatta nel momento di una fughetta improvvisa, che giusto può comportare appena la storiella (= barzelletta) ma non può fare la storia di ciò che è italiano, così come non si può fare la storia della flatulenza (per quanto quel naso di mediocre meticcio africano che era Agostino avesse, a Roma, annusato il bel dio suo di flatulenza), questo perché l’Italia non è mai esistita, ma il problema che resta è ancora fare in modo che quel qualcosa, cautamente definito da qualche parte come il meticciato italiano, cautamente, non debba mai più esistere – dico da ora per sempre. Sei sicuro di quello che dici?

La barzelletta che Pierino non racconterebbe mai: Cosa disse, Dio, il grande Fornaio, quando creò il primo negro? Niente, lo tolse dal forno e lo mise da parte con un sospiro. Cosa disse, Dio, il grande Fornaio, quando creò il primo italiano? “Porco Dio, è il secondo che mi si brucia!”

Stefano Jossa, Un paese senza eroi. L’Italia da Jacopo Ortis a Montalbano, Laterza 2015

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